Inconferibile l’incarico di Presidente della società in house al consigliere della Comunità montana

 



Il consigliere di una Comunità montana non può essere nominato Presidente di una società in house partecipata dalla stessa Comunità montana. Il disco rosso è stato confermato anche dal Consiglio di Stato (sentenza n.1448/2023) che ha respinto le doglianze del consigliere cui l’Autorità anticorruzione, in fase di vigilanza, aveva dichiarato l’incarico inconferibile.

Il fatto

Nel corso di un procedimento di vigilanza da parte dell’ANAC era emersa l’inconferibilità dell’incarico di Presidente della società in house da parte di un consigliere della Comunità montana. In particolare è stato rilevato che, il Sindaco di un ente locale, membro di diritto della Comunità montana, era stato nominato presidente della società in house partecipata dalla stessa Comunità montana. Avverso il provvedimento dell’ANAC il consigliere ha presentato ricorso davanti al Tribunale amministrativo di primo grado, ma il ricorso è stato rigettato confermando il provvedimento dell’ANAC sulla inconferibilità dell’incarico ai sensi dell’art.7 del d.lgs. 89/2013, in quanto la nomina a presidente non era avvenuta in forza di legge o di statuto, bensì, in ragione di una delibera assembleare. Nel caso di specie, infatti, pur essendo sindaco di un piccolo comune rivestiva l’incarico di consigliere di una forma associativa tra comuni di popolazione superiore ai 15.000 abitanti. Inoltre, per il Collegio amministrativo di primo grado sarebbe priva di pregio la difesa del ricorrente secondo cui la norma si applicherebbe unicamente agli amministratori cessati dal servizio.

Avverso la sentenza ha presentato ricorso in Consiglio di Stato il consigliere, insistendo sul fatto che né la legge delega né la legge delegata fanno riferimento all’attualità della carica quale presupposto della relativa applicabilità, disciplinando solo i casi di pregressa cessazione della carica, circa i quali esclusivamente si porrebbe la problematica del periodo di raffreddamento. Inoltre, avrebbe dovuto essere valorizzata l’esimente prevista dall’art.67 del TUEL.

Il rigetto del ricorso

I giudici di Palazzo Spada hanno confermato il rigetto del ricorso. In particolare, in merito alla conflittualità tra la disposizione di cui all’art.67 del Tuel e le disposizioni di cui al d.lgs. 39/2013 deve essere data prevalenza a quest’ultima norma.

L’Art. 67 del Tuel, infatti, dispone che “Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune, della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo”.

L’art. 7 comma 2 del del d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, di cui l’Anac ha fatto applicazione, prevede che “A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l’incarico, ovvero a coloro che nell’anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico, nonché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti:

  1. a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione;
  2. b) gli incarichi dirigenziali nelle medesime amministrazioni di cui alla lettera a);
  3. c) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale;
  4. d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione”.

Non vi è dubbio che le disposizioni di cui al d.lgs. 39/2013 siano da considerare come norma sopravvenuta che appare ostativa al conferimento dell’incarico nella società in house, con la conseguenza che non può trovare applicazione la previsione dell’art. 67 del TUEL. In altri termini, le disposizioni del d.lgs. 39/2013 si disinteressano dei meccanismi rappresentativi e si concentra piuttosto, avendo riguardo alla ratio anti corruttiva che lo ispira, sulle situazioni di inconferibilità/incompatibilità riferibili a chi rivesta contemporaneamente incarichi politici nell’ente locale e incarichi amministrativi o gestionali nell’ente partecipato.

Pertanto il d.lgs. 39/2013, in quanto norma di rango primario, in ossequio al principio di gerarchia delle fonti ed al principio di temporalità prevale sulle previsioni dello statuto sociale, ed in ossequio al principio di temporalità, nonché di specialità, sul TUEL.

E’, inoltre, priva di fondamento la tesi dell’appellante secondo cui la normativa si applicherebbe solo nell’ipotesi in cui l’incarico elettivo sia cessato e non quando, come nell’ipotesi di specie, sia ancora in corso. Infatti, una lettura in tale senso oltre ad essere manifestamente illogica, contrastante con la ratio della normativa: invero, il conflitto d’interesse non sarebbe potenziale bensì attuale, venendo totalmente meno l’imparzialità dell’amministratore.

La sentenza di primo grado, pertanto, è stata confermata.

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