Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Sardegna, sentenza 15.5.2015, n.88. In un ente strumentale comunale gli amministratori rispondono di danno erariale per le convenzioni di collaborazione stipulate contra legem
REPUBBLICA ITALIANA Sent. n.88/2015
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
composta dai magistrati
Cristina
ASTRALDI Presidente
Antonio Marco
CANU Consigliere
relatore
Elisabetta
LOCCI Consigliere
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
sul giudizio di
responsabilità instaurato ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei
conti per la Regione Sardegna nei confronti di
PORCELLI Maurizio, nato a Cagliari il 22
luglio 1962, codice fiscale PRCMRZ62L22B354Q, rappresentato e difeso dall’avvocato
Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è
elettivamente domiciliato;
BAGGIANI Giorgio, nato a Milano il 6
novembre 1965, codice fiscale BGGGRG65S06F205H, rappresentato e difeso dall’avvocato
Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è
elettivamente domiciliato;
RAVASIO Marco, nato a Milano il 10
maggio 1952, codice fiscale RVSMRC52E10F205I, residente a Crema nella via Borgo
San Pietro n. 73, non costituito;
PUDDU Luigi, nato a Cagliari il 18
agosto 1969, codice fiscale PDDLGU69M18B354N, rappresentato e difeso dall’avvocato
Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è
elettivamente domiciliato;
MANCA Sergio, nato a Cagliari il 28
marzo 1945, codice fiscale MNCSRG45C28B354A, rappresentato e difeso dall’avvocato
Valentina SANNA, presso il cui studio in Cagliari, via Dante Alighieri 32 è
elettivamente domiciliato.
Visto l’atto di
citazione del 19/12/2013, iscritto al n. 23130 del registro di Segreteria, l’atto
di rettifica della citazione del 08/01/2014 e tutti gli atti della causa.
Uditi, nella
pubblica udienza del 12 marzo 2015, il relatore Consigliere Antonio Marco CANU,
nonché l’avvocato Rosalia M. BIZZARRO per PORCELLI Maurizio, BAGGIANI Giorgio e
PUDDU Luigi, l’avvocato Valentina SANNA per MANCA Sergio e il Pubblico
Ministero nella persona del Vice procuratore generale Mauro MURTAS.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
FATTO
Con l’atto di
citazione indicato in epigrafe, il Procuratore regionale della Corte dei conti
per la Regione Sardegna ha convenuto in giudizio i signori PORCELLI Maurizio,
BAGGIANI Giorgio, RAVASIO Marco, PUDDU Luigi e MANCA Sergio, chiedendone la
condanna al pagamento in favore dell’Erario, e segnatamente del Comune di
Cagliari, della somma di euro 229.923,38, o di quella diversa che risulterà in
corso di causa, ognuno nella misura quantificata per ciascuna voce di danno,
aumentata del maggior danno da svalutazione monetaria, con interessi legali
fino all’effettivo soddisfacimento delle ragioni dell’Erario e con vittoria
delle spese di giudizio.
Il danno in
questione sarebbe la conseguenza di condotte dolosamente illecite tenute dai
convenuti nella loro rispettiva qualità di componenti del Consiglio di
amministrazione (PORCELLI, BAGGIANI e RAVASIO), direttore artistico (PUDDU) e
direttore amministrativo (MANCA) della Scuola Civica di
Musica di Cagliari, organismo strumentale del Comune di Cagliari costituito nel
1998 nella forma dell’Istituzione.
A fondamento
della domanda il Procuratore regionale ha esposto quanto segue.
Sulla base di
informazioni assunte con nota del 14 marzo 2012, firmata dal Direttore generale
del Comune di Cagliari, il Procuratore regionale ha avviato un’indagine, che ha
fatto emergere gravi fatti aventi rilievo sul piano della responsabilità
erariale, tutti inerenti a incarichi conferiti e contratti stipulati in palese
violazione della normativa richiamata in citazione.
Il primo fatto
produttivo di danno viene individuato nel conferimento dell’incarico di “Direttore
amministrativo contabile” della Scuola al dott. Sergio MANCA.
Il dott. MANCA
aveva svolto le funzioni di Direttore amministrativo (o Responsabile dei
servizi amministrativi) della Scuola dal 1998 al 2001, in qualità di dirigente
del Comune di Cagliari, già allora percependo ingiustificati emolumenti
aggiuntivi a carico del bilancio dell’Istituzione, in violazione del principio
di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti.
Dopo il
collocamento a riposo, egli ha continuato di fatto a svolgere le medesime
funzioni e continuato a percepire compensi sempre a carico dell’Istituzione
fino al 2007, e così ha fatto dal 2007 al 2011, a seguito di laconica
convenzione stipulata, in rappresentanza della Scuola, dal Presidente del
Consiglio di amministrazione, dott. Maurizio PORCELLI.
L’incarico, ad
avviso del Procuratore regionale, risulta conferito in aperta violazione dell’art.
25, comma 1, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, il quale pone la regola
generale ed assoluta del divieto di conferimento di incarichi di consulenza e
collaborazione di qualsiasi natura, inclusi quelli che riflettono un lavoro
subordinato, ai dipendenti pubblici che cessino volontariamente dal servizio
pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai
rispettivi ordinamenti previdenziali - ma che abbiano tuttavia il requisito
contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità - da
parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha
avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della
cessazione del servizio. Pertanto, costituiscono voce di danno tutti gli
importi che la Scuola ha ininterrottamente pagato all’ex dipendente comunale
fino al 2011, senza che possa essere ipotizzabile un qualche “vantaggio” da
portare in detrazione al danno subito dall’Istituzione comunale, stante la
presenza di un divieto assoluto e
generale posto dal legislatore di procedere all’affidamento dell’incarico nei
casi previsti dalla disposizione citata.
Infatti,
secondo l’attore, la norma di cui all’art. 25 della legge n. 724/1994 prevede
un divieto assoluto e generale, talché è da ritenere che il legislatore abbia
compiuto ex ante la valutazione di
(il)legittimità dell’affidamento degli incarichi ai soggetti pre-pensionati da
parte della medesima amministrazione presso cui prestava servizio il
dipendente, ritenendo che, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e
per salvaguardare “la effettiva trasparenza e piena imparzialità dell’azione
amministrativa”, tale tipologia di incarichi debba essere vietata.
Un ulteriore e
più grave profilo di illiceità sul piano delle conseguenze erariali è rinvenuto
nella violazione della statuizione contenuta all’art. 18 del Regolamento
istitutivo della Scuola, secondo cui le funzioni proprie del Responsabile della
gestione Amministrativa non possono determinare onere alcuno per l’Istituzione,
dovendo la relativa nomina essere effettuata dal Consiglio di amministrazione
attingendo (unicamente) dalle professionalità interne al Comune di Cagliari,
fra i Funzionari con qualifica non inferiore a quella di Dirigente. Né
risultano esigenze straordinarie, eccezionali e indilazionabili che potessero
(astrattamente) giustificare, in un arco temporale talmente ampio, il ricorso a
professionalità esterna all’amministrazione comunale, considerato che da parte
del Consiglio di amministrazione e degli organi di direzione della Scuola non
furono mai rappresentate al Comune peculiari necessità di personale da adibire
a compiti di direzione e amministrativi della Istituzione.
Infine, il
Procuratore regionale osserva che, in ogni caso, dalle prestazioni del MANCA
non sarebbe comunque derivato alcun vantaggio per la Scuola, considerate le
rilevantissime irregolarità amministrative e contabili, riscontrate dal nuovo
Consiglio di amministrazione della Scuola già pochi giorni dopo il suo
insediamento e poi progressivamente affiorate a seguito degli accertamenti
svolti dall’amministrazione comunale, che certamente privano di ogni
sinallagmatica utilità le prestazioni per le quali i compensi venivano
illecitamente corrisposti al MANCA.
A questo
riguardo, viene esposto che dal 2002 al 2011 la Scuola aveva affidato, senza che risulti in base a quale contratto o
titolo, ad una società di consulenza amministrativa, fiscale e tributaria (“S.M.A.
s.n.c. di Scano e Meloni” ), una non meglio precisata attività di “elaborazione
dati” (tanto risulta dalle fatture emesse dalla società). Nel corso del 2011,
il dott. MANCA aveva formalizzato il rapporto, stipulando con la società -
senza alcuna procedura di evidenza pubblica - una convenzione in data 7
febbraio 2011. Nelle premesse si dava atto di una deliberazione del Consiglio
di amministrazione della Scuola con cui si era disposto di stipulare dal
1/01/2011 al 31/12/2016 una convenzione con la suddetta società riguardante
aspetti contabili e gestionali dell’Istituzione.
Peraltro, gli
accertamenti eseguiti dalla Procura dopo l’esposto e le verifiche svolte dal
Servizio Bilancio del Comune a seguito delle segnalazioni inoltrate dal nuovo
Consiglio di amministrazione dopo l’insediamento, hanno disvelato l’esistenza
di una situazione amministrativa e contabile del tutto caotica, ma soprattutto
connotata da gravi e diffuse irregolarità, al punto da rendere la contabilità
della Scuola totalmente inattendibile.
Tenuto conto
che tra le eccezioni svolte nelle difese dei deducenti vi è stata anche quella
di aver riposto affidamento sulle positive valutazioni espresse dal Collegio
dei revisori all’esito dei controlli svolti sui bilanci consuntivi dell’Istituzione,
il Procuratore regionale ha disposto l’acquisizione dei verbali e delle
relazioni del Collegio dei revisori dei conti sui bilanci consuntivi della
Scuola dall’anno 2006 al 2012. Dalla documentazione, il cui contenuto viene
sintetizzato in citazione, non sono emersi elementi che confermino la
fondatezza dell’eccezione.
Nulla è stato
rinvenuto per gli anni 2006 e 2007, mentre per gli altri anni, dalla
documentazione acquisita è risultato che il Collegio dei revisori, in occasione
delle verifiche (di mero riscontro contabile) svolte nel 2008, 2009 e 2010,
aveva rilevato irregolarità e incongruenze varie. I bilanci consuntivi relativi
agli esercizi 2009, 2010 e 2011, peraltro presentati dalla Scuola solamente in
bozza, sono stati esaminati dal Collegio dei Revisori nelle riunioni del
26/03/2012 e del 20/12/2012. Anche in questi verbali venivano rilevate varie
irregolarità, ma il Collegio rilevava di non poter procedere essendo scaduto il
proprio mandato.
Il nuovo
Collegio dei revisori ha comunicato al Presidente del Consiglio di
amministrazione dott. Paolo ZUCCA, che da una attenta analisi dei verbali
redatti dal precedente organo di revisione erano emerse criticità in ragione delle
quali si rendeva necessario e urgente svolgere una compiuta verifica sulla
generale situazione amministrativo contabile della Scuola.
Il quadro delle
irregolarità gestionali e contabili della Scuola ha trovato ancor più puntuale
definizione all’esito delle verifiche eseguite dal “Servizio Bilancio, Società
partecipate e Controllo analogo” del Comune di Cagliari nell’ambito del
procedimento di internalizzazione dell’Istituzione.
La dirigente
del Servizio, dottoressa Franca URRU, ha predisposto al riguardo una
dettagliata relazione tecnica sulla situazione contabile dell’Istituzione, con
la quale sono stati evidenziati l’esistenza di un generale disordine
amministrativo - contabile, numerose prassi gestionali contrarie ai principi
della contabilità pubblica e fatti suscettibili di particolare attenzione sotto
il profilo della liceità. Le situazioni evidenziate dal dirigente comunale sono
esposte in dettaglio nella citazione.
Ad avviso del
Procuratore regionale, tutte le riferite emergenze istruttorie confermano,
oltre ogni ragionevole dubbio, che la spesa sostenuta per il protratto incarico
assegnato al dott. Sergio MANCA ha costituito per la Scuola danno erariale,
quantificabile - tenuto conto dell’intervenuta prescrizione con riguardo ai
compensi corrisposti prima del quinquennio precedente alla data della
notificazione dell’invito a dedurre - nella complessiva somma di euro
24.285,68.
Tale danno è
ascritto in via solidale allo stesso dott. MANCA, che, anche in forza delle più
approfondite conoscenze giuridico-amministrative da lui esigibili, quell’illecita
e protratta spesa non ha impedito, e al dott. Maurizio PORCELLI, il quale, in
qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola, e dunque
senza averne titolo, quell’illegittimo incarico ha voluto anche formalizzare.
Dall’istruttoria
esperita è risultato privo di fondamento quanto sostenuto dal PORCELLI, dal
BAGGIANI e dal PUDDU nelle rispettive controdeduzioni scritte (il primo di
avere appreso casualmente, e solo a seguito dell’invito a dedurre, che il MANCA
non era più in servizio presso il Comune di Cagliari; il secondo e il terzo di
avere saputo ciò, ma di avere riposto affidamento nel fatto che l’amministrazione
comunale non aveva al riguardo mai mosso osservazioni). A questo riguardo,
vengono riportate in citazione le affermazioni fatte dal Presidente del nuovo
CDA dott. Paolo ZUCCA in una relazione riservata trasmessa al Sindaco e al
Direttore generale del Comune di Cagliari, in ordine a quanto riferitogli dal
Direttore artistico Luigi PUDDU secondo cui il MANCA era in pensione dal 2001 e
avrebbe mantenuto l’incarico presso la Scuola sino al dicembre 2011, percependo
a tal fine un compenso.
Non vi
sarebbero ragioni, secondo il Procuratore regionale, per dubitare della
genuinità di quanto riferito nel documento riservato, per cui emerge che la
posizione del MANCA era certamente conosciuta dal presidente e da tutti i
componenti del precedente Consiglio di amministrazione, tenuto anche conto che,
in caso contrario, non si spiegherebbe a quale titolo venissero
sistematicamente corrisposti emolumenti aggiuntivi a beneficio di un dirigente
ancora in servizio, e dunque in violazione del principio di onnicomprensività
del trattamento economico di tutti i dirigenti pubblici di cui all’art. 24 del
D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sicuramente non consentiti alla luce di quanto
statuito dall’art. 18 del Regolamento istitutivo della Scuola, e comunque non
previsti né autorizzati da alcun atto normativo.
Quanto all’elemento
psicologico dell’illecito, ritiene la Procura che non si possa seriamente
dubitare della sussistenza del dolo, stante la chiarezza dei dati normativi
richiamati e stante soprattutto la gravità della situazione amministrativa e contabile della Scuola, gravità
evidentemente stratificatasi negli anni, e dunque la cosciente consapevolezza,
ed anzi la volontà di persistere nella condotta contra legem e contro le regole di organizzazione interna dell’Istituzione,
intenzionalmente volta a procurare
ingiusto vantaggio patrimoniale a soggetto estraneo all’amministrazione, con la
certa consapevolezza delle conseguenze dannose per le risorse finanziarie
pubbliche.
Il secondo
fatto produttivo di danno erariale è individuato nella stipula di una
convenzione di incarico professionale per le mansioni di Vice Direttore
artistico della Scuola con il maestro Giorgio BAGGIANI.
Tale incarico,
per il quale il BAGGIANI ha percepito sistematicamente la retribuzione fino al
2011, è stato conferito, secondo il Procuratore regionale, in violazione del
regolamento istitutivo della Scuola, il quale prevedeva unicamente la
possibilità per il CDA, in caso di impedimento o assenza del titolare del posto
per malattia, ferie, congedo, motivi di famiglia e simili, di assegnare
temporaneamente le funzioni di Direttore artistico ad altro soggetto.
Del tutto
arbitrariamente, dunque, è stata fatta gravare sul bilancio della Scuola una
sistematica spesa che non trovava alcun fondamento normativo e neppure
giustificazione sul piano sinallagmatico.
Pretestuose
sarebbero da considerare le affermazioni contenute nelle controdeduzioni all’invito,
secondo cui la direzione artistica non poteva essere garantita dal solo
titolare e quella nuova figura e quell’incarico avrebbe invece consentito “un’accurata
gestione artistica della Scuola”, in quanto smentite dalla lettura di tutti gli
atti relativi all’incarico (dove non sono mai state rappresentate peculiari
esigenze organizzative od operative sottese a quell’aggravio di spesa posto a
carico dell’Erario) e dal fatto che mai furono rappresentate all’Amministrazione
del Comune di Cagliari peculiari necessità di personale da adibire a compiti di
direzione dell’Istituzione.
Il danno
erariale è stato quantificato, stante l’intervenuta prescrizione per le somme
corrisposte oltre il quinquennio precedente la notifica dell’invito a dedurre,
nella complessiva somma di €. 4.215,00. Con atto depositato l’8 gennaio 2014 il
Procuratore regionale ha sul punto rettificato l’atto di citazione,
rappresentando che lo stesso era inficiato da un mero errore materiale. Il
danno in questione è stato quindi corretto in € 13.815,00.
Il pregiudizio
erariale è ascritto in via solidale e a
titolo di dolo al dott. Sergio MANCA il quale, nella veste di Direttore
amministrativo della Scuola, ritenne di non dovere eccepire alcunché in merito
alla creazione e al mantenimento di quella illegittima posizione e anzi
sistematicamente sottoscrisse gli atti di liquidazione dei compensi; ai
componenti del Consiglio di amministrazione Maurizio PORCELLI e Marco RAVASIO e
al Direttore artistico Luigi PUDDU, i quali autorizzarono l’illecita spesa ad
esclusivo vantaggio personale di un componente dello stesso Consiglio di
amministrazione, addirittura deliberando, su proposta del Direttore artistico
PUDDU, la proroga di quell’incarico fino al 2021; e al BAGGIANI stesso, avendo
questi indisturbatamente locupletato, in un lunghissimo arco temporale,
aggiuntive risorse finanziarie pubbliche ad esso non spettanti.
L’illecito viene
ritenuto doloso, stante la chiarezza del dato normativo richiamato e, dunque,
la cosciente consapevolezza di svolgere condotta antigiuridica, confliggente con
le vincolanti regole di organizzazione interna dell’Istituzione,
intenzionalmente volta a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al
BAGGIANI, con la sicura consapevolezza delle conseguenze dannose per le risorse
finanziarie pubbliche.
Del tutto
inconsistenti sono ritenute le argomentazioni svolte dai convenuti nelle
controdeduzioni scritte, volte a rappresentare un affidamento riposto nella
correttezza del proprio operare in ragione dell’assenza di rilievi provenienti dai revisori contabili o dall’amministrazione
comunale, anche solo considerando la particolare callidità sottesa agli atti
propositivi, deliberativi e contrattuali adottati e stipulati dagli organi
della Scuola, con i quali, in prossimità della scadenza del mandato del
Consiglio di amministrazione uscente, intesero surrettiziamente prolungare al
PUDDU e al BAGGIANI, fino al 2021, l’incarico di Direttore artistico e quello
di Vice Direttore artistico, all’evidente scopo di imporre al successivo
Consiglio di amministrazione quelle nomine (e dunque la vantaggiosa posizione
dei due) e così privarlo di una precisa e rilevantissima prerogativa assegnata
dal Regolamento della Scuola.
Il terzo fatto
produttivo di danno erariale viene individuato dal Procuratore regionale nella
stipula di alcuni contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo
svolgimento di generiche attività amministrative e ausiliarie di supporto
(guardiana e custodia).
Nella seduta
del 22 gennaio 2011 il Direttore artistico M° Luigi PUDDU, fra le altre, aveva
anche formulato al C.d.A. una nuova proposta di “organizzazione” della Scuola,
che prevedeva l’assunzione diretta - e dunque senza alcuna procedura comparativa
di evidenza pubblica – di alcune unità di personale, le quali avevano già
svolto attività lavorativa con la Scuola negli anni precedenti. La scadenza dei
relativi contratti veniva indicata al 31.12.2016. La proposta del PUDDU veniva
approvata dal C.d.A. all’unanimità dei presenti (Maurizio PORCELLI Presidente,
Giorgio BAGGIANI e Marco RAVASIO consiglieri). Il 7 febbraio 2011 il Direttore
amministrativo della Scuola, dott. Sergio MANCA, stipulava i contratti con
ciascuna delle predette unità, stabilendo per tutti la scadenza del 31 dicembre
2016.
Secondo l’attore,
tutti i contratti in esame sono stati stipulati in aperta violazione di legge,
al di fuori di ogni possibilità di programmazione da parte degli organi di
indirizzo e di controllo politico amministrativo dell’ente locale e in spregio
alle disposizioni del Regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei
servizi, al quale il Regolamento istitutivo della Scuola faceva espresso
rinvio.
Nessuna
informazione, nessuna comunicazione, nessuna esigenza di personale fu mai
rappresentata all’amministrazione del Comune di Cagliari dagli organi di
gestione della Scuola e dal soggetto incaricato delle funzioni di direzione
amministrativa della stessa, in tal modo impedendo che il Comune potesse valutare
e individuare l’esistenza di risorse umane e professionali presenti al suo
interno, senza inutili costi per l’erario e di certo qualitativamente più
attrezzate rispetto a quelle unità retribuite dalla Scuola per compiti di
natura amministrativa, stante la caotica situazione successivamente accertata.
Lungi dall’avere
agito indotti dalla assenza di rilevi o contestazioni provenienti dal Collegio
dei revisori o dall’amministrazione comunale, i convenuti, invece, su proposta
del Direttore artistico PUDDU, approvata dal Consiglio di amministrazione all’unanimità,
hanno finanche proceduto all’assunzione di quel personale con contratti di
durata abnormemente lunga (fino al 2016), all’evidente scopo, si afferma, di
precostituire le condizioni affinché i beneficiari potessero successivamente
avanzare verso l’amministrazione comunale richiesta (rectius: pretese) di conversione del rapporto di lavoro in
contratto a tempo indeterminato, così esponendo l’amministrazione stessa a un
sicuro e costoso contenzioso, come poi avvenuto allorché il Comune ha
comunicato a ciascun soggetto la volontà di porre termine a quei rapporti
lavorativi.
Quanto all’elemento
oggettivo della responsabilità contestata, il pregiudizio erariale è stato
rapportato all’ammontare delle retribuzioni corrisposte per le cinque posizioni
lavorative nel quinquennio precedente la notifica dell’invito a dedurre, pari
dunque complessivamente a €. 191.822,70.
Il danno come
sopra quantificato è ascritto in via solidale e a titolo di dolo al dott. Sergio
MANCA il quale, nella veste di Direttore amministrativo della Scuola, nulla
ritenne di eccepire circa l’evidente contrasto di quei rapporti di
collaborazione rispetto alla normativa imperativa vigente, giungendo peraltro
al loro rinnovo con previsione di scadenza nientemeno fino al 31 dicembre 2016,
e ai componenti del Consiglio di amministrazione Maurizio PORCELLI, Giorgio
BAGGIANI e Marco RAVASIO, i quali tutti, per lungo tempo, quegli illeciti
rapporti di lavoro hanno evidentemente autorizzato e voluto, così come voluto e
autorizzato il rinnovo e l’assurda durata prevista, in spregio alla legge a
finanche dei più elementari criteri di buona amministrazione, oltreché di
imparzialità e di trasparenza.
Quanto all’elemento
psicologico dell’illecito erariale, reputa la Procura doversi configurare per
tutti gli estremi del dolo, stante la chiarezza dei dati normativi in materia e
la precisa finalità di quelle disposizioni normative e dunque la consapevolezza
di svolgere condotta contra legem e
contro le regole di organizzazione interna dell’Istituzione, accompagnata dall’accettazione
del pregiudizio arrecato alle risorse finanziarie pubbliche.
I convenuti
BAGGIANI, PUDDU e PORCELLI si sono costituiti in giudizio a ministero dell’avvocato
Rosalia M. BIZZARRO, la quale, con memoria depositata il 19 giugno 2014, ha
formulato le seguenti difese.
Preliminarmente
e in via pregiudiziale, è stata eccepita la mancanza di interesse ad agire in
capo alla amministrazione comunale e l’inammissibilità dell’atto di citazione
per mancanza dell’attualità del danno.
In ordine al
primo aspetto, la difesa rileva che gli stessi comportamenti addebitati ai
convenuti sono stati mantenuti dalla stessa amministrazione che si assume
essere danneggiata e, quindi, portatrice di un interesse. Ciò in quanto il
personale che si ritiene sia stato assunto illegittimamente dai convenuti ha
continuato fino al 31/12/2013 ad essere utilizzato dagli stessi funzionari
comunali che avevano, nel mese di marzo 2012, inoltrato l’esposto alla Procura
della Corte dei Conti per danno erariale.
Per quanto
attiene al secondo aspetto, si afferma l’inesistenza di un danno attuale, che
diverrebbe tale solo qualora i lavoratori e/o il maestro BAGGIANI chiedessero
al Comune di Cagliari il risarcimento monetario per le differenze
retributive a seguito del lavoro svolto
effettivamente presso la Scuola.
Ancora, si
sostiene la mancanza degli elementi costitutivi del danno erariale.
In relazione al
danno per l’assunzione di cinque lavoratori avvenuta in modo difforme dalla
normativa vigente, si replica che, innanzi tutto, la Scuola rientrava nella
previsione dell’art. 114 comma 5 bis del TUEL e quindi non era soggetta alle
regole imposte agli EELL in materia di assunzioni.
In ogni caso,
non sarebbe comunque fonte di danno erariale la mera inosservanza di norme di
legge. A questo riguardo, si afferma che la Scuola non avrebbe potuto operare
diversamente, date le caratteristiche affatto particolari della sua attività.
Essa infatti dipendeva per la sua esistenza dai contributi della Regione, del
Comune e dalle rette degli alunni, per cui non avrebbe potuto assumere
personale a tempo indeterminato. Inoltre la flessibilità del rapporto di lavoro
era necessaria anche in relazione alle prestazioni lavorative richieste, per le
esigenze della scuola, in orari e giorni particolari.
Per cui l’Amministrazione
lungi dall’aver subito un danno avrebbe anzi conseguito solo vantaggi dalle
forme contrattuali prescelte dai convenuti. A riprova di ciò si sottolinea
ancora che il personale in questione è stato trattenuto in servizio sino al 31 dicembre
2013.
Inoltre,
difetterebbe per l’affermazione della responsabilità amministrativa anche l’elemento
psicologico. I convenuti avrebbero agito in buona fede per far conseguire alla
Scuola un enorme risparmio e, al massimo, potrebbero aver commesso un errore
scusabile, considerata la complessità della normativa applicabile.
A sostegno di
tale tesi è stato rilevato che gli organi preposti al controllo dell’Istituzione,
con particolare riferimento al collegio dei revisori, mai hanno avuto nulla da
eccepire sull’operato dei convenuti, i quali peraltro, sino a quando hanno
avuto la responsabilità della gestione della scuola, hanno palesemente
raggiunto l’obiettivo per cui la scuola stessa era stata costituita, come
dimostrato dal rilevante numero degli iscritti e degli eventi realizzati.
Per quanto
concerne il danno derivante dal conferimento dell’incarico di vice direttore,
la difesa replica che, stante il fatto che la scuola era aperta per l’attività
ordinaria dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle ore 23 (senza contare le
aperture nei giorni festivi per eventi particolari o l’organizzazione di eventi
in orario notturno), non era pensabile che il solo direttore artistico potesse
assicurare la sua presenza costante, talché sin dal 1999 si era manifestata la
necessità di prevedere la figura del vice direttore. La mera mancanza di detta
figura nello statuto della Scuola non potrebbe quindi costituire di per sé il
fondamento della contestata responsabilità, anche considerando che l’autonomia
gestionale della Scuola stessa, in assenza di un espresso divieto al riguardo,
consentiva di prevedere tale figura professionale.
Il compenso
erogato è comunque stato di misura assai ridotta e non è mai stato occultato,
in quanto il BAGGIANI emetteva regolarmente le fatture e la relativa spesa,
regolarmente contabilizzata, è sempre stata pienamente a conoscenza del comune
e dell’organo di controllo, senza che nessuno abbia in precedenza rilevato che
ciò fosse causa di danno. Anzi, il BAGGIANI avrebbe percepito un compenso
inferiore a quello che gli sarebbe spettato per l’attività di collaborazione
coordinata continuativa.
Con riguardo
infine alla voce di danno per le somme percepite dal dott. MANCA per il lavoro svolto
come direttore amministrativo, la difesa osserva che non corrisponde al vero e
non è provato quanto affermato in citazione circa l’esistenza di una situazione
amministrativa e contabile del tutto caotica e connotata da gravi e diffuse
irregolarità.
L’incarico dato
alla SMA è stato necessario e vantaggioso per l’amministrazione, in quanto l’apparato
burocratico non era in grado di svolgere gli incombenti affidati alla società
in questione, se non acquistando un software particolare, il cui costo sarebbe
stato superiore a quanto pagato alla SMA.
Parimenti prive
di pertinenza sarebbero alcune delle circostanze indicate in citazione che
hanno portato all’apertura di un procedimento penale, conclusosi però con un’archiviazione.
Nel merito
della contestazione, si rileva che il nominativo del direttore amministrativo
doveva provenire necessariamente dal Comune, il quale omise di comunicare il
pensionamento del dott. MANCA e di invitare il CDA a provvedere alla nuova
nomina, indicando il nominativo del funzionario preposto a tale compito.
Sono state
pertanto formulate le seguenti conclusioni:
In via
preliminare e pregiudiziale:
1) dichiarare
inammissibile l’atto di citazione per mancanza dell’attualità del danno e degli
altri presupposti di legge;
2) accertare la
mancanza di interesse da parte della Amministrazione Comunale atteso che, come
meglio eccepito nella parte superiore, la detta Amministrazione ha continuato
ad avvalersi delle figure dei lavoratori, di cui la Procura assume la
irregolare assunzione, fino al 31/12/2013, continuando - quindi - l’operato
oggi contestato ai convenuti.
Nel merito,
rigettare le avverse richieste giacché infondate sia in fatto sia in diritto
per mancanza del danno e, comunque, dell’elemento psicologico costitutivo della
fattispecie.
In subordine,
nel caso in cui si dovesse comunque ravvisare una responsabilità, in capo ai
convenuti, applicare l’esimente dell’errore professionale.
In ulteriore
subordine, nella deprecata e non creduta ipotesi in cui si dovesse ravvisare a
carico dei convenuti una qualsiasi responsabilità, tenere conto dei vantaggi
conseguiti dalla Scuola e dalla Amministrazione Comunale e, pertanto, applicare
il più ampio potere riduttivo e ogni possibile beneficio di legge. In ogni caso
con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Il convenuto
MANCA si è costituito in giudizio a ministero dell’avvocato Valentina SANNA la
quale, con memoria depositata il 17 giugno 2014, ha formulato le seguenti
difese.
Con riguardo al
danno per l’incarico di direttore amministrativo contabile della Scuola,
conferito al convenuto sino al 31/12/2011, la difesa osserva che il MANCA, sin
dalla sua collocazione a riposo avvenuta nel 2002, manifestò immediatamente la
volontà di lasciare il suo incarico e fu l’Amministrazione Comunale a
chiedergli di continuare nello svolgimento dello stesso in attesa di nominare
altro dirigente comunale che fosse in possesso dei requisiti equivalenti a
quelli del Dott. MANCA, cosa, nel periodo in esame (e almeno sino al 2011) non
facile, vista la peculiarità dell’incarico in questione, la quale avrebbe
richiesto, oltre la qualifica di dirigente, anche una formazione professionale
e culturale idonea a svolgerlo. Ciò è confermato dal fatto che il funzionario
subentrato al MANCA non ha la qualifica dirigenziale.
D’altra parte,
il fatto che il MANCA fosse in quiescenza dal 2002 e continuasse a svolgere il
suo incarico presso la Scuola anche in epoca successiva e sino al 2011 era ben
noto al Comune di Cagliari. Ciò è dimostrabile attraverso le testimonianze di
tutti i funzionari del Comune di Cagliari, il cui nominativo è indicato in
memoria, con cui il convenuto conferiva frequentemente nell’espletamento del
suo incarico.
Secondo la
difesa, non vi è dubbio che la reale volontà del Comune di Cagliari, espressa
in maniera evidente per fatti concludenti, fosse quella di continuare ad
avvalersi del dott. MANCA, considerata l’inerzia dell’amministrazione comunale
ogni volta che, per legge, avrebbe dovuto sciogliere il CDA (facendo così
decadere il Dirigente Amministrativo) e provvedere alla nomina del nuovo CDA,
fornendo anche il nominativo del nuovo Dirigente Amministrativo.
La
responsabilità, per le conseguenze di tale inerzia, non può in alcun modo
essere attribuita al convenuto, tanto meno gli si può contestare il dolo o la
colpa grave per avere, nell’inerzia predetta, ottemperato a ciò che gli veniva
richiesto (verbalmente e per fatti concludenti) dall’amministrazione comunale
stessa.
Non costituisce
comunque danno erariale la somma di circa € 300,00 mensili netti erogata al Dott.
MANCA, a fronte della prestazione professionale altamente qualificata da lui
fornita, dalla quale la Scuola ha tratto un enorme vantaggio economico nella
razionalizzazione delle risorse a disposizione, in tutta trasparenza.
Peraltro, si
osserva, tale retribuzione non contrastava con il principio di
onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti della P.A.,
trattandosi di un incarico aggiuntivo svolto all’esterno.
Successivamente
al pensionamento, nell’inerzia della Pubblica Amministrazione, il CdA
deliberava in favore del dott. MANCA la prosecuzione del suo incarico di
direttore amministrativo (caratterizzato dalla temporaneità e dall’eccezionalità)
utilizzando l’unica forma contrattuale adatta a quella situazione, poiché
soggetta alle modifiche della gestione politica del Comune di Cagliari che
poteva avvenire, non solo per decorrenza del mandato del Sindaco, ma anche per
l’eventuale caduta della Giunta Comunale o, ancora, per mancanza di erogazione
da parte della Regione Sardegna dei finanziamenti di cui all’art. 21 del
Regolamento istitutivo della Scuola Civica di Musica (queste ultime certamente
imprevedibili).
Infatti, al
fine di garantire il funzionamento dell’Istituzione nell’esecuzione di tutte le
attività indicate nel proprio Regolamento istitutivo agli artt. 3, 4, 5 e 7, la
Scuola Civica di Musica poteva stipulare esclusivamente contratti di lavoro
flessibili, comprendendo tra questi tutte quelle possibilità di utilizzazione
del lavoratore previste dal codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro
subordinato nell’impresa, diverse dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Tale possibilità nel pubblico impiego è stata contemplata dall’art. 36 D.Lgs.
165/2001. La Scuola Civica si è trovata nella necessità di sopperire all’inerzia
della P.A stipulando un contratto temporaneo di collaborazione con il
convenuto, in conformità a quanto disposto dall’art. 7 comma 6 del D.lgs. n. 29
del 1993 e successive modifiche.
Relativamente
alla contestazione riguardante la stipula di contratti di collaborazione
coordinata e continuativa con alcune unità di personale, si richiamano le
esigenze di temporaneità sopra esposte, tant’è vero che tali contratti venivano
stipulati con l’avvertimento che potevano essere rescissi in qualunque momento.
In ogni caso, se ne contesta la qualifica di lavoro subordinato a tempo
determinato nel senso privatistico e pubblicistico del termine, poiché trattasi
di contratti di collaborazione coordinata e continuativa assimilabili al regime
di parasubordinazione di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c., commisurati alla natura
temporanea della prestazione richiesta e alla “precarietà” della Scuola Civica
(la cui esistenza dipendeva in maniera essenziale dai finanziamenti regionali).
La stipula dei
predetti contratti ha prodotto un notevole ed indubbio risparmio economico se
si considera, per esempio, che i collaboratori non percepivano la retribuzione
per il mese di agosto, né la tredicesima.
Vi era inoltre
la necessità preminente della Scuola Civica di potersi avvalere di personale
operativo dalle ore 9:00 alle ore 23:00. Ciò soprattutto in considerazione del
maggiore lavoro determinato dall’aumento degli studenti, le cui quote d’iscrizione
contribuivano ad incrementare le risorse economiche della Scuola Civica.
Incomprensibile
e priva di fondamento è la contestata violazione di legge e dei criteri di
imparzialità, trasparenza e buona amministrazione tramite la stipulazione dei
contratti in questione nonché del loro rinnovo.
Gli organi della Scuola Civica hanno cercato, nel rispetto delle leggi e
con scrupolosità e trasparenza, di fornire ai cittadini il migliore servizio
con la migliore gestione possibile nelle condizioni in cui si poteva operare,
non essendo opportuno, per le ragioni esposte in memoria, procedere ad
assunzioni di personale a tempo indeterminato.
I vantaggi
della scelta adottata sono dimostrabili agevolmente attraverso una consulenza
tecnica diretta a comparare, nelle singole voci e mansioni, le buste paga dei
collaboratori in questione con quelle dei dipendenti pubblici (a tempo
indeterminato o determinato).
Anche il parere
reso per il Comune dall’avv. MASTINU contiene affermazioni che legittimano la
condotta della Scuola (si afferma ivi che la Scuola non è soggetta all’applicazione
delle disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali, il divieto o
la limitazione alle assunzioni di personale, il contenimento degli oneri
contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per
consulenza anche degli amministratori ex art. 114, c. 5 bis d. lgs. 267/2000
ultimo periodo).
Ad ogni modo,
si sostiene, il MANCA non è comunque responsabile di tale presunto danno in
quanto egli si è limitato a dare esecuzione alla decisione di stipulare i
contratti in questione, che è stata deliberata dal Consiglio di Amministrazione
cui partecipava anche l’organo di controllo in rappresentanza del Comune di
Cagliari ed al quale, invece, non ha mai partecipato il dott. MANCA.
Le delibere del
CDA erano sottoposte a filtro di controllo del rappresentante del Comune presso
il CDA e a quello successivo dei Revisori contabili della Ragioneria di Stato.
Ciò determinava nell’odierno convenuto l’errata convinzione che quanto
deliberato fosse legittimamente configurabile oltre che economicamente più
conveniente. Tale convinzione veniva avvalorata dalla tacita approvazione del
Comune di Cagliari che, in tutti quegli anni, nulla aveva mai eccepito al
riguardo, pur essendone a conoscenza di tutto quello che succedeva all’interno
della Scuola Civica per la presenza all’interno del CDA del suo “controllore” e
per conoscenza dei funzionari (tra cui quelli sopra indicati come testimoni)
costantemente informati dal dott. MANCA, nonché dai Revisori dei Conti, che
hanno sempre approvato i bilanci della Scuola Civica, sin dalla sua creazione.
La stessa amministrazione comunale ha sempre utilizzato le tipologie
contrattuali oggi contestate, ritenendole evidentemente legittime e spiegando
così la sua inerzia nei confronti dell’attività in esame, nonché la
sopravvivenza, a tutt’oggi, delle stesse tipologie contrattuali di cui si
ritiene responsabile l’odierno convenuto.
L’utilità della
prestazione resa dai lavoratori è comunque oggettiva e riconosciuta sia pure
implicitamente dall’amministrazione, per cui se ne dovrebbe tenere conto nel
presente giudizio.
In subordine
all’assoluzione dalla domanda, è stato chiesto che sia tenuta in giusta
considerazione la concorrente responsabilità del Comune di Cagliari nella
causazione dell’evento dannoso e del vantaggio dalla stessa conseguito e che
sia applicata la giusta riduzione della somma richiesta a titolo di
risarcimento del danno non in solido ma in proporzione alla parte che il
convenuto vi ha preso. Con vittoria di spese e onorari di giudizio.
Il convenuto
RAVASIO, cui l’atto di citazione risulta notificato ex art. 143 c.p.c., in
quanto irreperibile, non si è costituito.
In data 4
luglio 2014 il Procuratore regionale ha depositato, chiedendone l’inserimento
nel fascicolo di causa, copia dell’atto con cui la Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Cagliari ha chiesto, in data 30 giugno 2014, il rinvio a
giudizio di PORCELLI Maurizio, BAGGIANI Giorgio, MANCA Sergio e PUDDU Luigi in
relazione a sei capi di imputazione attinenti ai fatti oggetto del presente
giudizio, i primi cinque dei quali ipotizzano la commissione del reato di cui
all’art. 323 c.p.
La causa è
stata discussa nell’udienza dell’11 luglio 2014, nel corso della quale il Pubblico
Ministero, pur rimettendosi alle valutazioni del Collegio in ordine all’utilità
delle prestazioni rese dalle unità di personale assunte con contratti di
collaborazione continuata e coordinativa ed impiegate in attività ausiliarie e
di supporto, ha per il resto confermato la richiesta di condanna dei convenuti,
con l’eccezione del RAVASIO, di cui ha chiesto l’assoluzione. Come riferito in
dibattimento, quest’ultimo, in sede penale, aveva disconosciuto la propria
firma e dedotto la falsità degli atti su cui è stata fondata la richiesta di
condanna nei suoi confronti e le indagini disposte dal Pubblico Ministero
penale avevano fornito riscontro a tali difese.
La Sezione, con
ordinanza n. 94/2014, ha escluso di poter definire la posizione del RAVASIO (di
cui è stata dichiarata la contumacia) in senso conforme alla richiesta
formulata dal Pubblico Ministero, in assenza di elementi documentali o
deduzioni di prova da parte dell’organo requirente a sostegno di detta
richiesta.
Purtuttavia, si
è rilevato che dall’imputazione penale poteva desumersi, sia pure senza la
possibilità di risalire a specifiche fonti di prova, che, effettivamente, dalle
indagini svolte dal Pubblico Ministero penale fossero stati acquisiti elementi
che avevano corroborato la tesi del RAVASIO.
E’ stato quindi
mandato al Procuratore regionale di svolgere gli opportuni accertamenti,
provvedendo quindi ad acquisire e depositare in giudizio, nel termine fissato
con l’ordinanza, copia della documentazione relativa a tale aspetto.
Al contempo, è
stata disposta istruttoria presso il Comune di Cagliari, mandandosi al
Direttore generale del Comune di trasmettere copia di tutta la documentazione
relativa ai punti evidenziati in ordinanza, ovverosia:
“1) delibera CDA del 18/12/2006, concernente
il conferimento a MANCA Sergio dell’incarico di direttore amministrativo
contabile;
2) atti (verbali di sedute e delibere del CDA,
convenzioni, ecc.) relativi all’instaurazione di rapporti lavorativi comunque
denominati con i sigg.ri DARDANI Riccardo, PEDDITZI Renato, LEU Veronica,
ANGIUS Francesca e GIDAKOS Nikolaos negli anni precedenti al 2011”.
Il Procuratore
regionale, con nota del 6 ottobre 2014, ha deposito, in esecuzione dell’ordinanza,
la seguente documentazione:
1 - lettera
istruttoria della Procura regionale prot. n° 3202 del 19/08/2014;
2 - nota del Direttore
Generale del Comune di Cagliari prot. n° 210602 del 18/09/2014, e
documentazione prodotta a riscontro di quanto disposto;
3 - CD Rom
fascicolo del PM relativo al procedimento penale n° 1467/2013 contenente la
consulenza tecnica grafologica disposta ed espletata circa la verificazione
delle sottoscrizioni a nome Marco RAVASIO;
4 - stralcio
del fascicolo relativo alla consulenza tecnica grafologica disposta ed
espletata circa la verificazione delle sottoscrizioni a nome Marco RAVASIO, in
formato cartaceo.
Nell’udienza
del 12 marzo 2015, fissata per la prosecuzione del processo, l’avvocato
BIZZARRO si è opposta all’assoluzione del solo RAVASIO, ritenendo che la
posizione di costui sia del tutto assimilabile a quella degli altri convenuti.
In ordine al disconoscimento della firma operato dal RAVASIO nel procedimento
penale, ha osservato che gli accertamenti conseguentemente disposti dal Pubblico
Ministero non sono ancora passati al vaglio del giudice penale. Ha rilevato inoltre
che il RAVASIO ha negato di essere stato a conoscenza della sua nomina a
Presidente della Scuola in sostituzione del PORCELLI e che ha disconosciuto di
aver firmato, tra gli altri, anche un documento, sottoscritto appunto nella qualità
di Presidente. Tuttavia, in quel caso, il consulente tecnico del Pubblico
Ministero ha riconosciuto come autentica la sottoscrizione.
Per, il resto,
ha confermato integralmente le conclusioni formulate con l’atto di costituzione
in giudizio.
L’avvocato
SANNA ha confermato integralmente le conclusioni formulate con l’atto di
costituzione in giudizio.
Il Pubblico
Ministero ha confermato le richieste formulate nella precedente udienza. A suo
avviso, la documentazione acquisita con l’ordinanza ha confermato che i
rapporti instaurati con le cinque unità di personale sono stati
sistematicamente rinnovati e prorogati in spregio della normativa vigente,
senza che fossero mai menzionate carenze di personale nell’ambito dell’amministrazione
comunale che li giustificassero (nonostante che, come stabilito da una
circolare del 2004, di tale carenza dovesse farsi cenno anche nel testo dei
contratti e non solo negli atti deliberativi).
In ordine alla
sussistenza del danno, ha affermato che non potrebbe essere valutata alcuna
utilità compensativa, in quanto così facendo si vanificherebbe l’obiettivo
perseguito dal legislatore di un contenimento della spesa per il personale.
Quanto al
RAVASIO, la richiesta di integrale assoluzione si fonda sulle conclusioni della
perizia grafologica, condivise dal Pubblico Ministero, e sulla impossibilità di
prendere visione, per il periodo precedente al 2011, delle delibere del CDA
(pur richiamate nelle convenzioni acquisite con l’ordinanza), in quanto non
reperite.
In replica, l’avvocato
BIZZARRO ha ribadito la propria tesi che la posizione del RAVASIO non possa
essere definita in termini diversi da quella degli altri convenuti.
L’avvocato
SANNA ha replicato rilevando che, anche ammesso che si possa considerare accertata
la falsità delle firme attribuite al RAVASIO, non sarebbe però accertato a chi
sia attribuibile tale falsificazione.
DIRITTO
1. Prima di passare al merito della causa,
va dato atto della corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti del
convenuto RAVASIO, di cui è stata dichiarata la contumacia con l’ordinanza n.
94/2014.
La notifica
dell’atto di citazione e del pedissequo decreto presidenziale di fissazione
dell’udienza dell’11 luglio 2014 è stata effettuata nei confronti del convenuto
ex art. 143 c.p.c., stante la condizione di irreperibilità del predetto.
L’ufficiale
giudiziario ha infatti accertato che nel luogo di residenza anagrafica
(confermata dall’ufficiale di anagrafe del Comune di Crema in data 18/02/2014)
il RAVASIO non era reperibile (v. relazione di omessa notifica del 19/03/2014:
“… non potuto notificare perché da ricerche in luogo lo stesso risulta
sconosciuto. Il nome non figura né sui citofoni né sulle cassette postali”).
Secondo l’orientamento
della Corte di cassazione (v. sentenza n. 12526 del 4 giugno 2014), le
riportate circostanze (irreperibilità nel luogo di residenza anagrafica,
accertata dall’ufficiale giudiziario con relazione assistita da fede fino a
querela di falso delle circostanze frutto della diretta attività e percezione
del pubblico ufficiale) sono sufficienti a integrare la condizione di
irreperibilità del destinatario della notifica che consente di fare
applicazione dell’art. 143 c.p.c., dovendo ritenersi che incomba sul
notificando che abbandoni l’originaria residenza e non si curi di mutare l’indirizzo
anagrafico, il rischio appunto di una declaratoria di irreperibilità.
Va soggiunto
che la Procura procedente ha agito con la diligenza richiesta dalle circostanze,
in quanto, preso atto che una prima notifica tentata nel medesimo luogo a mezzo
del servizio postale si era conclusa negativamente per irreperibilità del
destinatario (v. avviso di ricevimento sottoscritto dall’addetto al recapito in
data 6 febbraio 2014), ha richiesto al Comune di Crema conferma della residenza
anagrafica, ottenuta con il certificato di cui si è detto sopra. Tale modus procedendi induce a ritenere che
la Procura regionale abbia effettuato gli accertamenti esigibili, secondo un
criterio di ordinaria diligenza, dal notificante (in tal senso, v. Corte di
cassazione, n. 540 del 19 gennaio 2000).
Va, infine,
tenuto conto che l’irreperibilità del RAVASIO nel luogo di residenza anagrafica
era già emersa nel momento della notifica dell’atto di invito a dedurre (anch’essa
effettuata quindi ex art. 143 c.p.c. in data 18/05/2013, v. relazione di
notifica al fgl. 1624 delle produzioni di parte attrice – P.P.A.), il che non
solo è ulteriore conferma del fatto che l’interessato non è più dimorante in
detto luogo, ma rende altresì verosimile che egli se ne sia allontanato, senza
comunicare il suo nuovo recapito, da epoca non di poco precedente alla data
della notifica della citazione.
Per quanto
detto, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti del
RAVASIO va considerata rituale, con conseguente conferma della contumacia del
convenuto, dichiarata con l’ordinanza n. 94/2014.
2. La difesa dei convenuti BAGGIANI, PUDDU
e PORCELLI ha preliminarmente eccepito la mancanza di interesse ad agire in
capo all’amministrazione comunale e l’inammissibilità dell’atto di citazione
per mancanza dell’attualità del danno.
La prima
eccezione si fonda sul fatto che l’amministrazione comunale ha continuato ad
avvalersi del personale assunto dai convenuti sino ad epoca recente e dopo che
i presunti illeciti addebitati a questi ultimi, da cui sarebbe scaturito il
danno erariale di cui si discute, sono stati oggetto di denuncia al Procuratore
regionale.
In sostanza, si
afferma, sarebbe contraddittorio ritenere che sia interesse del Comune di
Cagliari ottenere il risarcimento di un danno che si assume derivante dall’illegittima
assunzione di personale e, al contempo, consentire che l’amministrazione
comunale continui ad avvalersi dell’opera di tale personale prestata in
adempimento delle stesse convenzioni di cui si sostiene l’illiceità.
L’argomento
difensivo è privo di fondamento.
E’ affermazione
consolidata della giurisprudenza di questa Corte che l’amministrazione pubblica
che abbia subito un danno erariale non ha alcuna disponibilità del correlato
credito risarcitorio, al punto che anche eventuali accordi transattivi
intervenuti al riguardo con l’autore del danno non esplicano alcun effetto sia
in punto di ammissibilità/procedibilità dell’azione del Pubblico Ministero, sia
sul potere decisorio del giudice contabile, fatta salva esclusivamente l’incidenza
di eventuali pagamenti effettuati dal responsabile sulla misura del danno
risarcibile (in tal senso, ex multis,
Corte dei conti, Sezione 1^ centrale d’appello, n. 237 del 15/04/2009).
Ben si
comprende quindi come tanto meno possa darsi rilievo a meri comportamenti dai
quali si vorrebbe desumere una carenza di interesse dell’amministrazione al
risarcimento del danno in questione.
Con la seconda
eccezione la difesa obietta che un danno certo e attuale si configurerebbe
solamente qualora i lavoratori assunti dai convenuti e il Maestro BAGGIANI
ottenessero dal Comune di Cagliari il risarcimento per le differenze
retributive a loro spettanti a seguito del lavoro effettivamente svolto presso
la Scuola Civica di Musica. In difetto di tale circostanza, si afferma, non vi
sarebbe alcun nocumento per l’erario comunale per i compensi erogati ai
suddetti per le attività svolte, per le quali gli stessi dovevano giustamente
essere retribuiti.
Va detto, al
riguardo, che è innegabile che l’erario comunale abbia subito una diminuzione certa
e attuale corrispondente alle somme per le quali il Procuratore regionale ha
proposto domanda, il che consente senz’altro di dare risposta affermativa alla
questione dell’ammissibilità dell’azione.
Stabilire se a
tale diminuzione corrisponda un danno ingiusto, è questione che attiene al
merito della causa, al quale pure appartiene la valutazione della possibile
compensazione di tale danno con un’utilità pubblica correlatamente conseguita,
secondo il disposto dell’art. 1, comma 1-bis della legge n. 20/1994.
3. Nel merito della causa, il Procuratore
regionale imputa ai convenuti di aver provocato danni all’erario del Comune di
Cagliari per aver proceduto (o tollerato che si procedesse) alla stipulazione
di convenzioni in contrasto con norme di legge o regolamentari.
Vanno premessi
alcuni cenni in ordine alla natura dell’organismo presso il quale i convenuti
hanno prestato servizio.
La Scuola
Civica di Musica di Cagliari è stata istituita con delibera del Consiglio
comunale n. 54 del 17 marzo 1998 (v. fgl. 1343 e sgg. P.P.A.) nella forma dell’Istituzione
(v. art. 2 del regolamento della Scuola).
Secondo il
disposto dell’art. 114 del T.U.E.L. (d. l.vo 18 agosto 2000, n. 267), l’istituzione
è organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali,
dotato di autonomia gestionale.
Nell’ambito
della legge, l’ordinamento ed il funzionamento delle istituzioni sono
disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono
(comma 5 art. cit.).
L’ente locale
conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi;
approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati
della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali (comma 6
art. cit.).
Il collegio dei
revisori dei conti dell’ente locale esercita le sue funzioni anche nei
confronti delle istituzioni (comma 7 art. cit.).
All’istituzione
possono essere affidati direttamente servizi pubblici locali privi di rilevanza
economica (art. 113 T.U.E.L.).
Come chiarito
da Corte dei conti, Sezione controllo Lombardia, parere n. 1065 del 23/12/2010,
l’istituzione è un organismo privo di personalità giuridica, che opera all’interno
dell’ente locale di riferimento con la sola autonomia gestionale. Essendo privo
di autonoma soggettività, gli atti che compie sono imputabili direttamente all’ente
locale.
L’autonomia
gestionale si sostanzia nel fatto che l’istituzione ha propri organi, distinti
da quelli dell’ente locale (consiglio di amministrazione, presidente e
direttore, al quale compete la responsabilità gestionale, v. comma 3 art. 114
cit.), un proprio capitale di dotazione, conferito dall’ente locale, e un
proprio bilancio, separato da quello dell’ente (anche se il rendiconto della
gestione deve essere allegato al bilancio di previsione dell’ente, v. art. 172,
comma 1, lett. b) T.U.E.L., e il regolamento di contabilità dell’ente “assicura, di norma, la conoscenza
consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi
costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi”, v. art. 152, comma 2 T.U.E.L.).
Dalla normativa
richiamata deve trarsi la conclusione che le istituzioni degli enti locali
siano amministrazioni pubbliche ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2
del d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, dovendo le stesse essere considerate
articolazioni interne dell’ente locale (come si è visto, assoggettate, per
quanto concerne il loro ordinamento e funzionamento, allo statuto e ai
regolamenti dell’ente locale da cui dipendono), la cui attività, pur
caratterizzata dall’autonomia gestionale di cui si è detto, è, come affermato
nel richiamato parere della Sezione controllo Lombardia, imputabile direttamente
all’ente locale, stante la mancanza di personalità giuridica. Quest’ultima
circostanza, unitamente al fatto che i servizi ad essa affidati non hanno
rilevanza economica, distingue l’istituzione dall’azienda speciale, che,
secondo orientamento pacifico, rientra invece nella categoria degli enti
pubblici economici locali, per i quali, come è noto, non trova applicazione la
disciplina del pubblico impiego (v. Corte di cassazione, n. 15167 dell’11/09/2012),
fatte salve le particolarità derivanti da specifiche norme poste a presidio
dell’interesse pubblico (Corte di cassazione, n. 26939 del 19/12/2014).
L’argomento
difensivo secondo cui solo dal 2013, con l’introduzione del comma 5 bis dell’art.
114 del T.U.E.L. (operata dall’art. 25, comma 2, lett. a),
D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo
2012, n. 27), sarebbero state estese alle istituzioni le regole vigenti per gli
enti locali in materia di assunzioni, non può essere condiviso.
La norma va invece
intesa come finalizzata ad estendere anche alle istituzioni le limitazioni
poste agli enti locali per le assunzioni di nuovo personale, mentre non v’è
dubbio che anche in precedenza trovasse per esse attuazione la normativa in
tema di pubblico impiego applicabile agli enti locali, ivi compresa quella
relativa al conferimento di incarichi di collaborazione coordinata e
continuativa (come, del resto, si desumeva dall’art. 24 del regolamento
istitutivo della Scuola, citato dal Procuratore regionale, secondo cui “per quanto non previsto dal presente Regolamento
si rimanda allo statuto del Comune di Cagliari, e alle norme e ai regolamenti
degli Enti Locali”, disposizione coerente con il già citato art. 114, comma
5 del T.U.E.L.).
Fatta tale
premessa, si può ora passare ad esaminare la questione della illegittimità
delle spese contestate dal Procuratore regionale.
4. Per quanto concerne il compenso erogato
al MANCA quale incaricato di svolgere le funzioni di Direttore Amministrativo
contabile della Scuola (v. convenzione stipulata in data 16 maggio 2007, fgl.
21-22 P.P.A.), il Procuratore regionale ha obiettato che tale incarico sarebbe
da considerare illegittimamente conferito sotto due profili, come ricordato in
narrativa.
La tesi dell’attore
è fondata.
Sussiste
infatti, innanzi tutto, palese violazione dell’art. 25 della legge n. 724 del
1994, il quale vieta il conferimento di incarichi di consulenza, collaborazione,
studio e ricerca a ex dipendenti dell’amministrazione conferente cessati
volontariamente dal servizio senza aver maturato il requisito previsto per il
pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali, ma in
possesso del requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata
di anzianità previsto dai rispettivi ordinamenti.
Tale divieto,
come espressamente detto nella disposizione citata, è stato posto “al fine di garantire la piena e effettiva
trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa …”, ma, secondo
quanto affermato da Corte di cassazione, n. 20523 del 28/07/2008, alla norma non
è affatto estraneo l’ulteriore fine di garantire risparmi di spesa impedendo il
cumulo tra pensione e retribuzione.
Parimenti sussistente
è la violazione dell’art. 18 del regolamento della Scuola, approvato con la
citata delibera C.C. n. n. 54/1998.
Tale
disposizione stabiliva che il CDA della Scuola provvedesse “alla nomina fra i Funzionari dell’Amministrazione
Comunale, di un Responsabile della gestione Amministrativa con qualifica non
inferiore a quella di Dirigente al fine di consentire al Responsabile della
gestione Amministrativa, oltre il coordinamento delle attività amministrative e
contabili della Scuola, anche l’adozione degli atti necessari allo svolgimento
delle attività istituzionali che comportino responsabilità di funzioni
dirigenziali (contratti - pareri - liquidazioni etc)”.
Come è di tutta
evidenza, la norma poneva un preciso limite all’autonomia gestionale del CDA,
atteso che, secondo la riportata disposizione dell’art. 114, comma 5 del
T.U.E.L., l’ordinamento ed il funzionamento dell’istituzione sono disciplinati
dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale. L’incarico in questione non
poteva quindi essere conferito ad un soggetto non appartenente all’amministrazione
comunale di Cagliari (come era il MANCA dopo il suo pensionamento, avvenuto nel
2002).
5. Per quanto concerne l’addebito relativo
alla nomina del BAGGIANI a vice direttore artistico valgono considerazioni
analoghe a quelle appena svolte in ordine alla denunciata violazione del
regolamento istitutivo della Scuola.
Quest’ultimo,
all’art. 19, prevedeva infatti che “in
caso di assenza o di impedimento del Direttore [artistico], il
Consiglio di Amministrazione può delegare funzioni e responsabilità ad altri”.
Anche in questo caso, deve rilevarsi la fondatezza dell’assunto accusatorio, in
quanto, pur consentita, la nomina di un sostituto del titolare doveva avere
carattere di temporaneità e, soprattutto, essere condizionata ad una situazione
di transitoria impossibilità del Direttore artistico di svolgere le proprie
funzioni.
Le convenzioni
stipulate con il BAGGIANI (quelle acquisite agli atti, v. fgl. 61 e sgg.
P.P.A.) non recavano invece alcuna limitazione dell’incarico ai periodi di
precaria assenza del Direttore artistico.
6. Con riguardo, infine, alle convenzioni stipulate
con cinque lavoratori, due adibiti allo svolgimento di compiti di segreteria e
tre alla custodia e alla pulizia dei locali in cui aveva sede la Scuola, il Procuratore
regionale, come detto in narrativa, ne deduce l’illegittimità sotto profili plurimi,
tutti però attinenti alla violazione delle norme in materia di conferimento di
incarichi e di acquisizione di personale dipendente e di collaboratori autonomi
da parte delle pubbliche amministrazioni (v. pag. 21 della citazione).
Dalla
documentazione versata in atti dall’attore e da quella acquisita con ordinanza
dalla Sezione emerge che le convenzioni stipulate con le cinque unità di
personale (sporadicamente, i rapporti in essere sono stati prorogati con
lettere del Presidente PORCELLI, firmate per accettazione dagli interessati)
hanno avuto tutte ad oggetto incarichi di collaborazione continuata e
coordinativa.
Tali incarichi,
per il cui conferimento non è stata espletata alcuna procedura comparativa,
sono stati periodicamente rinnovati, praticamente senza soluzione di
continuità, anche se l’inizio dei vari rapporti è stato diverso per ciascun
singolo interessato (marzo 1999 per PEDDITZI, giugno 1999 per GIDAKOS, novembre
2001 per LEU, novembre 2007 per ANGIUS, gennaio 2009 per DARDANI).
Non può che
concordarsi con il Procuratore regionale quando afferma che tali convenzioni
hanno disatteso le disposizioni richiamate in citazione.
I rapporti di
collaborazione continuata e coordinativa, previsti dall’art. 409 n. 3 c.p.c., debbono,
secondo il disposto dell’art. 61, comma 1 del d. l.vo 10/09/2003, n. 276, nel
testo vigente sino alle modifiche apportate dalla l. 28 giugno 2012, n. 92, “essere riconducibili a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e
gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto
del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal
tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.
Come chiarito
dalle Sezioni riunite di questa Corte in sede di controllo (v. delibera 15
febbraio 2005, n. 6/CONTR/05), tali rapporti “rappresentano una posizione intermedia fra il lavoro autonomo, proprio
dell’incarico professionale, e il lavoro subordinato” e “sono […] utilizzabili per le esigenze ordinarie proprie del funzionamento delle
strutture amministrative e non riguardano perciò il ricorso agli incarichi
esterni”.
Il senso di
tale ultima affermazione va peraltro inteso alla luce della sopravvenuta
disposizione di cui all’art. 7, comma 6 del d. l.vo n. 165/2001, nel testo sostituito
dall’art. 46, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, secondo cui “il ricorso a contratti di collaborazione
coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo
dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità
amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti”.
Già la lettera circolare
del 15 marzo 2005 del Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per il
Personale delle Pubbliche Amministrazioni, Servizio per il trattamento del
personale aveva comunque specificato che ove le pubbliche amministrazioni si
fossero trovate “in circostanze
eccezionali, e pertanto temporanee, cui non si possa far fronte con le risorse
in dotazione si ricorrerà ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
In tal caso rileva la competenza necessaria a svolgere l’attività richiesta in
autonomia, seppure in coordinamento con i fini dell’amministrazione
committente. Infatti sul punto la giurisprudenza della Corte dei Conti ha
affermato l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i
medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio
al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi”.
In sostanza, il
ricorso alle collaborazioni in questione può sì ammettersi “in circostanze eccezionali, e pertanto
temporanee, cui non si possa far fronte con le risorse in dotazione” per lo
svolgimento di compiti che non richiedano prestazioni ad elevato contenuto
professionale (che sono invece tipiche degli incarichi di consulenza), ma il
collaboratore non può prestare la propria opera in posizione subordinata,
dovendo essere la sua prestazione caratterizzata da un certo grado di
autonomia.
Alla luce del
quadro normativo riportato, non può che affermarsi la palese illegittimità delle
convenzioni in discorso.
In disparte il
fatto che non vi è negli atti alcun riferimento a “progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal
committente”, all’impossibilità di utilizzare il personale dell’ente (cioè
del Comune di Cagliari) e all’eccezionalità e temporaneità delle esigenze
sottese (difficilmente ravvisabili, considerato che i rapporti sono stati
costantemente rinnovati per un periodo di tempo complessivamente assai lungo,
in taluni casi ultradecennale), il personale in questione, come evidenziato
anche nel parere legale acquisito dal Comune di Cagliari, non solo non era in
possesso di alcuna specializzazione, ma neppure questa avrebbe potuto essergli richiesta,
data la semplicità delle mansioni da svolgere (nel caso degli addetti alla
custodia, addirittura elementari). Talché non vi possono essere dubbi che i
lavoratori in questione siano stati adibiti a svolgere funzioni tutt’affatto ordinarie
e, con ogni verosimiglianza, in posizione di subordinazione (data la non ipotizzabilità
di un sia pur minimo ambito di autonomia nelle prestazioni lavorative,
considerata la loro estrema semplicità, circostanza confermata dalla lettura
delle varie convenzioni, nelle quali non vi è alcun riferimento che possa
essere interpretato in tal senso), in contrasto macroscopico quindi con la
normativa citata.
L’illegittimità
delle convenzioni non verrebbe meno, peraltro, nemmeno se si ritenesse che, a
dispetto del nomen juris utilizzato,
fosse volontà delle parti porre in essere rapporti di lavoro subordinato a
tempo determinato.
Innanzi tutto, va
detto che è sempre preciso dovere delle pubbliche amministrazioni adottare
procedure di reclutamento del personale conformi al dettato dell’art. 35 del d.
l.vo n. 165/2001, essendo del tutto escluso che possa procedersi ad assunzioni,
a prescindere dalla tipologia del rapporto che si va a costituire (a tempo
determinato o indeterminato), sulla base di una scelta del lavoratore operata discrezionalmente
da chi agisce per conto dell’amministrazione.
A prescindere
da tale, pur essenziale, rilievo, va detto che le forme di lavoro flessibile di
cui le pubbliche amministrazioni possono avvalersi sono disciplinate dall’art.
36 del cit. d. l.vo n. 165/2001.
In disparte l’originaria
e più ampiamente permissiva versione della norma, precedente alle modifiche
introdotte con decreto-legge n. 4/2006, convertito in legge, con modificazioni,
dalla legge n. 80/2006, la possibilità di fare ricorso a tali tipologie
contrattuali è stata, nel corso del tempo, variamente limitata, prevalendo
talora l’esigenza di assicurare maggiori margini di operatività alle
amministrazioni, talora (e più frequentemente, soprattutto in epoca recente) quella
di porre un freno (come ricordato in citazione, v. pag. 64-65, dove è riportato
un ampio stralcio di una circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del
2008) ad un uso non oculato di tale forma di reclutamento del personale da
parte delle pubbliche amministrazioni.
Con la legge n.
244/2007 è stata intanto stabilita (o meglio, ristabilita) la regola generale,
secondo cui la forma ordinaria di assunzione del personale della P.A. è il
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (la stessa legge ha
aggiunto un comma all’art. 1 del d. L.vo 06/09/2001, n. 368, recante “Attuazione della direttiva 1999/70/CE
relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE,
dal CEEP e dal CES”, con cui è stato stabilito che “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo
indeterminato”).
Già in
precedenza, peraltro, il già cit. D.L. n. 4/2006, convertito in legge, con
modificazioni, dalla L. n. 80/2006, aveva limitato la possibilità per le PP.AA.
di ricorrere a forme contrattuali flessibili, precisando che tale possibilità fosse
percorribile “solo per esigenze
temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti
assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l’opportunità
di attivazione di contratti con le agenzie di cui all’articolo 4, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la
somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione
e appalto dei servizi” (v. comma 1-bis aggiunto all’art. 36 d. l.vo
165/2001 cit.).
Anche le
successive modifiche dell’art. 36 cit. non hanno introdotto sostanziali
modifiche sul punto (è sempre stato ribadito, pur con formulazioni talvolta
diverse, il principio che il ricorso alle forme contrattuali di lavoro flessibile
da parte delle PP.AA. è ammesso solo per esigenze temporanee ed eccezionali).
Parimenti
disattese risultano essere state le disposizioni che non consentono il rinnovo
dei contratti di lavoro a tempo determinato nei confronti dei medesimi
lavoratori oltre un periodo massimo complessivo (v. art. 4 d. l.vo n. 368/2001).
Deriva da
quanto detto che, anche in questo caso, le convenzioni con le cinque unità di
personale debbano ritenersi stipulate in palese violazione di legge, essendosi
proceduto alla scelta dei lavoratori senza alcun previo esperimento delle
procedure di reclutamento, a fronte di esigenze non temporanee ed eccezionali,
ma, al contrario, del tutto ordinarie, e per un periodo di tempo eccedente
quello massimo consentito.
7. Tanto premesso, si può ora passare ad
esaminare se dalle convenzioni illegittimamente stipulate sia derivato al
Comune di Cagliari un danno e se lo stesso sia da addebitare a condotte dolose
o gravemente colpose dei convenuti.
Per quanto
riguarda il rapporto instaurato con il MANCA, è innegabile che la diminuzione
patrimoniale corrispondente ai compensi erogati all’ex dirigente comunale
costituisca danno ingiusto.
La spesa è
stata la conseguenza di una convenzione stipulata, come visto, in palese
violazione non solo di specifiche disposizioni normative, ma anche del
principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo
cui le PP.AA. debbono fare fronte ai propri compiti utilizzando il personale in
dotazione e possono fare ricorso a soggetti esterni solo nei casi previsti
dalla legge, ove sussistano i presupposti indicati nella normativa.
A tale
proposito, non è dato rinvenire alcuna convincente giustificazione della scelta
operata, ove si ponga mente alle seguenti circostanze: a) omessa indicazione,
nella convenzione (v. fgl. 21-22 P.P.A.), della impossibilità di conferire l’incarico
a un dirigente del Comune; b) assenza di formali richieste rivolte all’amministrazione
comunale di fornire nominativi di dirigenti tra i quali provvedere alla nomina,
in ottemperanza al disposto dell’art. 18 del regolamento; c) sicura esistenza,
nell’organico di un’amministrazione delle dimensioni del Comune di Cagliari, di
unità di personale dirigenziale tra le quali procedere alla nomina in questione,
tanto più dovendosi reputare inverosimile un’eventuale impossibilità di
procedere in tal senso per tutto il lungo arco di tempo (dal 2002 al 2011)
durante il quale si è protratto l’incarico illegittimo.
Secondo Corte
dei conti, Sezione 3^ centrale d’appello, n. 339 del 04/05/2012, l’impossibilità
di fare ricorso al personale interno deve essere dimostrata nello stesso atto
con il quale si dispone il conferimento dell’incarico al soggetto esterno. In
senso conforme Sezione 2^ centrale d’appello, n. 174 del 23/03/2012 (che
riporta sul punto, condividendole, le affermazioni fatte dalla sentenza
appellata), secondo cui “in presenza di
un provvedimento di conferimento di un incarico a terzi (di studio, ricerca o
consulenza) che non dà adeguata indicazione della <reale ricognizione>
delle professionalità presenti nell’Ente, per accertare che non ve ne sia
alcuna corrispondente a quella per la quale l’incarico stesso è stato
conferito, il Giudice della responsabilità erariale è tenuto ad interpretare
una siffatta lacuna motivazionale non già come <vizio dell’atto>, ma come
carenza del fatto ricognitivo in sé, ossia come carenza dell’accertamento
negativo dell’assenza di professionalità interna all’Ente”.
La Sezione non
condivide altro orientamento giurisprudenziale (v. Sezione 3^ centrale d’appello,
n. 442 del 12/05/2011) secondo cui graverebbe invece sul Procuratore regionale
l’onere di provare l’impossibilità di fare ricorso al personale interno,
fornendo dimostrazione non solo dell’esistenza, nell’organico dell’ente, di
figure professionali astrattamente idonee a svolgere i compiti affidati all’esterno,
ma anche, attraverso la ricognizione dei carichi di lavoro del personale dell’ente,
della concreta possibilità dello stesso di fare fronte a detti compiti, in
quanto si finirebbe così per gravare la parte attrice di un onere
obiettivamente eccessivo. Appare invece più logico ritenere che debba essere il
funzionario pubblico, nell’atto stesso con cui procede al conferimento dell’incarico
al terzo, a dimostrare l’esistenza del presupposto in questione, non solo
perché così dispone la legge, ma anche perché nessuno è in condizione migliore
per effettuare detto accertamento, alla luce della concreta situazione di fatto
in quel momento verificabile.
Va da sé che il
vuoto motivazionale dell’atto di incarico non comporta una presunzione assoluta
in danno del convenuto. Cionondimeno, deve ritenersi che debba essere costui a
fornire nel processo quella dimostrazione che avrebbe dovuto dare a tempo
debito (onere probatorio che, nel caso specifico, come si vedrà, le difese non
hanno assolto).
Va quindi ritenuto
accertato non solo che l’incarico in questione è stato conferito in violazione
di legge, ma anche che non sussisteva impossibilità di affidamento dello stesso
a un dirigente del Comune.
Ne consegue che
alla spesa effettuata non possa corrispondere alcuna utilità, senza che sia
necessario approfondire la fondatezza di quanto rilevato dal Pubblico Ministero
in ordine alla inutilità, anche in concreto, della prestazione lavorativa del
MANCA, desunta dal conferimento ad una società esterna di alcune attività
inerenti alla contabilità della Scuola e dalle irregolarità riscontrate successivamente
nella gestione della stessa, come descritte nelle relazioni del nuovo
Presidente e della dirigente del Servizio Bilancio, Società partecipate e
Controllo analogo del Comune (v. rispettivamente fgl. 95-97 e 1263-1269
P.P.A.). L’inutilità della prestazione deriva in radice dal fatto che la stessa
non era necessaria, potendo e dovendo i compiti del responsabile della gestione
amministrativa della Scuola essere svolti, senza oneri aggiuntivi, da un
dirigente comunale.
Come
anticipato, le difese non sono state in grado di fornire la prova che ciò non
fosse possibile. Non ne costituisce dimostrazione il fatto che, successivamente
alla scadenza del rapporto con il MANCA, sia stato incaricato un funzionario
comunale privo della qualifica dirigenziale, posto che ciò nulla dice in
relazione a quanto si sarebbe potuto o meno fare nel periodo precedente.
Per il resto,
si è fatto riferimento all’inerzia dell’amministrazione comunale, che non avrebbe
provveduto ad indicare alcun nominativo in sostituzione del MANCA, nel momento
in cui questi venne collocato in quiescenza, e a sollecitazioni, provenienti da
non identificati esponenti del Comune, indirizzate al MANCA affinché
continuasse a ricoprire l’incarico anche successivamente al suo pensionamento,
stante la difficoltà di reperire un altro dirigente in grado di sostituirlo,
anche in ragione di presunte peculiarità che avrebbero caratterizzato l’incarico
in questione.
Per quanto
concerne l’inerzia del Comune, certamente censurabile, va però obiettato che
essa non poteva costituire il viatico per una deroga alla normativa citata soprattutto
per periodi così prolungati, potendosi ammettere una soluzione quale quella
adottata, a tutto concedere, solo per il tempo strettamente necessario a
consentire l’attività della Scuola, nelle more dell’indicazione del dirigente
da parte del Comune, che il CDA della Scuola avrebbe avuto il preciso dovere di
richiedere formalmente.
Quanto alle
sollecitazioni rivolte al MANCA, non ne è stata data dimostrazione, ma, in ogni
caso, deve ritenersi che un’eventuale impossibilità di indicare un dirigente
del Comune avrebbe dovuto formare oggetto di una espressa attestazione da parte
dei competenti organi comunali e non certo di comunicazioni verbali la cui
rilevanza è, ovviamente, nulla. A questo riguardo, peraltro, va detto che l’incarico
di responsabile della gestione amministrativa della Scuola prevedeva lo
svolgimento di attività, come sommariamente descritte nell’art. 18 del
regolamento istitutivo, tutt’affatto ordinarie per un dirigente della pubblica
amministrazione, talché non è dato comprendere per quali ragioni esso non
potesse essere ricoperto da un dirigente comunale (come invece sostenuto dalla
difesa del MANCA, secondo cui l’incarico in questione avrebbe avuto
caratteristiche peculiari, tali da richiedere una formazione professionale e
culturale specifica).
In definitiva,
il danno va ritenuto sussistente nella sua integralità, non potendosi dare
luogo neppure ad una valutazione di utilità compensativa in relazione ad un’attività
lavorativa di cui l’amministrazione non aveva alcuna necessità.
Di tale danno
debbono rispondere entrambi i convenuti che hanno stipulato la convenzione di
incarico, ovverosia il Presidente PORCELLI e lo stesso MANCA.
Secondo il Procuratore
regionale, nella condotta dei convenuti sarebbe ravvisabile il dolo,
considerata la chiarezza dei dati normativi violati, la gravità della situazione
amministrativa e contabile della Scuola e la conseguente cosciente consapevolezza
e volontà che i convenuti avrebbero manifestato di persistere nella condotta illecita,
che sarebbe stata intenzionalmente volta a procurare ingiusto vantaggio
patrimoniale al MANCA, con la certa consapevolezza delle conseguenze dannose
per le risorse finanziarie pubbliche.
Ad avviso della
Sezione, tuttavia, non vi sono elementi per ritenere dimostrata, con
sufficiente grado di probabilità, una siffatta connotazione della condotta,
potendo la stessa essere viceversa intesa come frutto di errori, pur gravi,
indotti da ignoranza della normativa e/o da superficiale interpretazione della
stessa.
Quel che è
certo, come appena detto, è che la violazione di norme di chiaro significato è
indicativa quanto meno di colpa di elevata gravità, ove soprattutto si
consideri che la materia degli incarichi a soggetti estranei all’apparato
burocratico è notoriamente delicata ed è stata oggetto di ripetuti interventi
del legislatore e di pronunce giudiziali che hanno finito per delineare in
maniera compiuta l’ambito entro il quale tali incarichi sono legittimamente conferibili.
Talché può a ben ragione ritenersi che sia richiesta ai pubblici funzionari
particolare attenzione e diligenza che, nel caso di specie, sono difettate,
mostrando la condotta dei convenuti, al contrario, disinvoltura e
superficialità massime.
Peraltro, ad
accrescere il giudizio sull’intensità della colpa concorre la circostanza che,
nel caso specifico, il regolamento istitutivo della Scuola precisava in maniera
inequivocabile, ove ve ne fosse pure stato bisogno, che l’incarico di
responsabile della gestione amministrativa avrebbe dovuto essere svolto da un
dirigente del Comune.
Il fatto che i
convenuti non potessero realisticamente ignorare l’esistenza di tale disposizione
connota di ulteriore inescusabilità la loro condotta, che potrebbe essere
addirittura reputata dolosa, se non fosse che occorre considerare la possibilità
che essi abbiano inteso, sia pure del tutto ingiustificatamente, alcune
circostanze come tali da rendere praticabile la soluzione prescelta (ad
esempio, interpretando l’inerzia, per non dire il vero e proprio disinteresse
dell’amministrazione comunale per la gestione della Scuola, alla stregua di un
implicito riconoscimento della impossibilità di indicare uno o più nominativi
di dirigenti comunali tra i quali operare la nomina). Il che riconduce la
condotta nell’ambito della colpa, pur se grave, per le ragioni già spiegate.
Certamente non
può determinare esclusione o attenuazione di detta colpa la circostanza,
addotta dalle difese, di una presunta approvazione che sarebbe stata data dall’amministrazione
comunale, a questa come alle altre scelte dei convenuti censurate dal Procuratore
regionale, desumibile dall’approvazione dei bilanci della Scuola, dall’esito
positivo dei controlli effettuati dall’organo di revisione e, più in generale, dal
mancato esercizio dei poteri di vigilanza in relazione a tutte le situazioni di
cui si discute, che sarebbero state ben conosciute dal Comune di Cagliari.
Per quanto
concerne l’approvazione dei bilanci, è notorio che essa non comporta alcuna
valutazione sulla legittimità di singoli atti di gestione.
Il controllo
esercitato dall’organo di revisione, per quanto consta dalla documentazione
reperita, non si è mai appuntato, se non in epoca recente, sulle convenzioni di
che trattasi, avendo il collegio dei revisori incentrato le proprie verifiche
su aspetti più prettamente contabili, finanziari e fiscali.
E’ vero che il
Comune non ha mai formulato, per quanto consta, osservazioni con riguardo alla
gestione della Scuola e, in particolare, in ordine alle questioni di che
trattasi. Certamente è anche verosimile che fosse noto, all’interno dell’amministrazione
comunale, il fatto che il MANCA continuasse a svolgere le funzioni di
responsabile della gestione amministrativa della Scuola anche dopo il suo
pensionamento e che tale fatto potesse e dovesse indurre l’amministrazione
comunale ad effettuare le necessarie verifiche sulla natura del rapporto
intercorrente con l’ex dirigente e soprattutto, in primo luogo, come già detto,
a dare corso all’indicazione di un proprio dirigente al fine di ricondurre la
situazione in un ambito di legalità.
Ma ciò, se può
rilevare, come si vedrà, al fine di ridurre l’addebito ai convenuti, non può
invece implicare conseguenze sulla sussistenza e l’intensità della loro colpa.
Il comportamento passivamente acquiescente dell’amministrazione vigilante non
li autorizzava infatti a presumere che tale silenzio, di per sé privo di
significato concludente (tanto più nel settore pubblico, nel quale è essenziale
che la volontà della pubblica amministrazione sia espressa in maniera formale),
equivalesse anzi a riconoscimento della legittimità di atti dei quali,
viceversa, avrebbero potuto e dovuto comprendere autonomamente la palese
illiceità, per le ragioni ampiamente esposte.
Un’ultima
notazione va fatta in ordine alla circostanza, già rilevata nell’ordinanza
istruttoria, che la convenzione in discorso sembrerebbe essere stata stipulata,
come si evince dalle premesse dell’atto, in esecuzione di una precedente
deliberazione del CDA. Di tale deliberazione, come è stato comunicato in
risposta all’ordinanza istruttoria, non è stata rinvenuta copia negli atti del
Comune.
Ad ogni modo,
anche ammesso che tale deliberazione vi sia stata, essa non determinerebbe
esclusione della responsabilità dei convenuti, non potendo certo una delibera
siffatta costituire avallo per la stipulazione di una convenzione chiaramente
contrastante con la normativa.
Ciò è
indubitabile per quanto riguarda il MANCA, atteso che la sua provenienza dai
ruoli dirigenziali della P.A. avrebbe dovuto comportare una conoscenza più
approfondita della normativa in materia di incarichi (a tacere del fatto che,
nel suo caso, non sarebbe neppure ipotizzabile l’ignoranza della sua condizione
di pensionato).
Nel caso del
PORCELLI, è inoltre da presumere che anch’egli abbia concorso all’approvazione
della delibera del CDA, considerato il tenore delle difese svolte, con le
quali, lungi dall’invocare un proprio dissenso o una mancata partecipazione alle
decisioni contestate, ne ha invece sostenuto la piena legittimità. Talché, ove
pure si volesse sostenere che l’addebito in questione vada rivolto (anche) alla
decisione espressa dal CDA, il PORCELLI ne dovrebbe comunque rispondere per
avervi concorso.
Quanto alla
ignoranza che il convenuto potrebbe aver avuto del fatto che il MANCA fosse in
quiescenza, la circostanza appare inverosimile ed è contraddetta dall’attribuzione
all’ex dirigente di un compenso per lo svolgimento dell’incarico, che questi non
avrebbe certo avuto titolo a percepire qualora fosse stato ancora in servizio.
8. Per quanto concerne l’incarico di vice
direttore artistico conferito al BAGGIANI, la Sezione ritiene invece che la
responsabilità dei convenuti citati dal Procuratore regionale vada esclusa per l’utilità
della prestazione, compensativa del danno.
Va considerato,
al riguardo, che la Scuola civica di musica, secondo quanto affermato dai
convenuti e confermato dalla documentazione in atti, aveva conosciuto nel corso
della sua esistenza un forte sviluppo, testimoniato dal considerevole aumento
del numero degli studenti e degli appartenenti al corpo docente. A ciò si
aggiunga che, oltre alle normali attività didattiche, la Scuola svolgeva anche iniziative
collaterali rientranti nell’ambito delle funzioni assegnatele dal regolamento
istitutivo (v. art. 4).
Come
conseguenza, si era reso necessario articolare l’attività didattica in orario
antimeridiano, pomeridiano e notturno (sino alle 23.00), mentre alcune delle
iniziative extrascolastiche venivano svolte anche in giorni festivi e/o in
orari notturni.
E’ pertanto del
tutto verosimile, alla luce di tali circostanze di fatto, che il direttore
artistico fosse effettivamente in difficoltà nell’affrontare da solo tutti
compiti a lui assegnati (che, ai sensi dell’art. 18 del regolamento della
Scuola, comprendevano l’intera gestione artistica dell’istituzione) e che fosse
utile, se non addirittura necessario, affiancargli un vice direttore incaricato
non solo di sostituirlo nei periodi di assenza precaria (come espressamente
prevedeva l’art. 19 del regolamento), ma anche di coadiuvarlo nello svolgimento
dell’attività quotidiana.
Tanto induce a
ritenere che il rapporto convenzionale, pur illegittimamente instaurato, per le
ragioni indicate dal Procuratore regionale, abbia però dato origine in questo
caso ad una prestazione oggettivamente utile, in relazione al proficuo
svolgimento delle funzioni istituzionalmente devolute alla Scuola, come tale
suscettibile di valutazione ai sensi del già cit. art. 1, comma 1-bis della
legge n. 20/1994, secondo cui nel giudizio di responsabilità amministrativa “deve tenersi conto dei vantaggi comunque
conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o
dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori
o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”.
L’utilità di
tale prestazione, che può equitativamente considerarsi pari al compenso
riconosciuto di 300 euro lordi mensili, da ritenere contenuto in termini
ragionevoli, non può in questo caso essere esclusa in base alle considerazioni
svolte nella fattispecie precedentemente esaminata. Infatti, nel caso di specie
la Scuola non avrebbe potuto fare ricorso al personale comunale, considerato
che nell’organico dell’ente non erano sicuramente comprese figure professionali
qualificate a svolgere funzioni di supplenza del direttore artistico, dovendo
essere quest’ultimo in possesso di specifiche competenze nel campo artistico
musicale.
Non può, quindi,
essere condiviso l’assunto del Procuratore regionale, secondo cui l’incarico
avrebbe determinato la duplicazione dell’organo di direzione artistica (da
escludere, vista l’entità del compenso riconosciuto al vice direttore,
marcatamente inferiore a quello del titolare), né può darsi rilevanza al fatto
che “non furono mai rappresentate all’Amministrazione
del Comune di Cagliari peculiari necessità di personale da adibire a compiti di
direzione dell’Istituzione”.
Da quanto detto
deriva l’assoluzione del convenuto PUDDU, essendo questi stato chiamato dal Procuratore
regionale a rispondere unicamente di tale quota di danno.
9. Con riguardo, infine, alla spesa
sostenuta per i compensi erogati al personale assunto con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, il danno erariale va ritenuto
sussistente per considerazioni analoghe a quelle svolte relativamente all’incarico
di responsabile della gestione amministrativa conferito al MANCA.
Anche in questo
caso, la diminuzione patrimoniale sofferta dall’erario comunale non può essere
considerata foriera di utilità per l’amministrazione (salvo quanto si dirà
appresso), poiché gli incarichi in questione hanno riguardato lo svolgimento di
mansioni che avrebbero potuto e dovuto essere assolte da personale del Comune,
da individuare su iniziativa dei convenuti, i quali avrebbero avuto il dovere
di attivarsi in proposito, indicando all’amministrazione comunale le unità di
personale da adibire alle attività di supporto (segreteria e guardiania) necessarie
per consentire il proficuo svolgimento dell’attività scolastica. Solo dopo aver
eventualmente ricevuto un espresso diniego da parte del Comune, i convenuti
avrebbero potuto valutare l’opportunità di ricercare altre soluzioni, pur nel
rispetto della normativa sopra richiamata.
Come appurato
dal Procuratore regionale, all’amministrazione comunale non venne invece mai
rappresentata alcuna necessità al riguardo né da parte del CDA della Scuola, né
da parte del MANCA nella sua qualità di responsabile della gestione
amministrativa. L’impossibilità di utilizzare personale dei ruoli comunali è del
resto verosimilmente da escludere in ragione della sicura presenza, nell’ambito
di un’amministrazione delle dimensioni del Comune di Cagliari, di unità
lavorative in possesso delle qualifiche corrispondenti a quelle oggetto degli
incarichi contestati. La circostanza poi che questi ultimi siano stati
conferiti per lunghi periodi di tempo rende ancor più improbabile che si sia
verificata un’impossibilità di utilizzo di personale dell’ente, anche
considerando il ridotto numero di unità lavorative che avrebbero dovuto essere
impiegate.
D’altra parte,
come si è già detto, richiamando la giurisprudenza di questa Corte sul punto,
sarebbe stato onere dei convenuti dare dimostrazione, in occasione di ogni singolo
conferimento di incarico, della sussistenza in concreto di ragioni ostative all’utilizzo
del personale comunale, che rendesse inevitabile il ricorso al personale
esterno.
Le difese
obiettano che non sarebbe stato possibile né opportuno procedere ad assunzioni
a tempo indeterminato, per le particolari caratteristiche dell’attività svolta
dalla Scuola, condizionata anno per anno da fattori mutevoli come i
finanziamenti regionali e il numero degli iscritti.
L’argomento è
però frutto di un evidente fraintendimento dell’addebito mosso dal Procuratore
regionale, il quale non ha affatto sostenuto che l’alternativa ai rapporti
convenzionali posti in essere fosse quella di procedere ad assunzioni a tempo
indeterminato delle stesse unità di personale, dovendosi intendere il richiamo
alla normativa indicata in citazione come volto a dare dimostrazione delle
numerose violazioni di essa commesse dai convenuti.
Al contrario, l’assunto
del Pubblico Ministero (v. pag. 68 della citazione) è che ai compiti affidati
ai collaboratori esterni si potesse e dovesse fare fronte con le risorse umane
e professionali presenti all’interno del Comune, senza inutili costi per l’erario.
Gli elementi a disposizione inducono a ritenere che l’alternativa indicata dall’attore
fosse non solo legittima, ma anche praticabile, per le ragioni dette.
Per quanto
concerne la misura del danno risarcibile, la Sezione ritiene che vada
considerata la parziale utilità delle prestazioni del personale addetto a
compiti di guardiania, in relazione al fatto che lo stesso (v. nota del dott.
FLORIS del 17/12/2012, fgl. 1432 P.P.A.) ha assicurato la propria presenza
anche durante gli orari pomeridiani e notturni, circostanza questa che avrebbe
determinato comunque (cioè anche ove fosse stato fatto ricorso a personale del
Comune) oneri aggiuntivi a carico dell’ente per le indennità dovute a fronte
dell’attività lavorativa svolta in tali orari. Nell’impossibilità di un calcolo
preciso di tale utilità, la stessa può essere equitativamente commisurata nel
10% dei compensi erogati a detto personale (euro 85.585,48), pari quindi a euro
8.558,55. La partita di danno in questione va quindi ridotta da euro 191.822,70
ad euro 183.264,15.
Stabilita la
sussistenza e la misura del danno in questione, va ora esaminato se esso vada
posto in relazione con le condotte dei convenuti.
A questo
riguardo, il Procuratore regionale, sulla base della documentazione acquisita
nel corso delle indagini, ha individuato la responsabilità, anche in questo
caso dolosa, dei componenti del CDA e del MANCA per avere i primi tre deliberato,
nel corso della seduta del 22 gennaio 2011, il rinnovo dei rapporti lavorativi
in questione, il quarto per aver stipulato le relative convenzioni. Il danno
per i compensi erogati prima del 2011, in assenza di documentazione attinente
alla instaurazione dei rapporti con i lavoratori, è stato invece imputato ai
medesimi convenuti per aver autorizzato e voluto tali rapporti.
Con riferimento
al periodo ante 2011, gli atti acquisiti con l’istruttoria hanno
confermato il diretto coinvolgimento del MANCA (che ha sottoscritto tutte le
convenzioni in rappresentanza della Scuola) e, in misura più limitata, del
PORCELLI, il quale, in taluni casi ha comunicato ai vari collaboratori la
proroga dei loro incarichi (v. allegato M alla nota del Direttore generale del
Comune di Cagliari del 18/09/2014) e in altri casi ha cofirmato le convenzioni
sottoscritte dal MANCA (v. allegati I, L, N, O alla medesima nota).
Va comunque
detto che tutti i convenuti costituiti non hanno negato di aver effettivamente
voluto, come a loro imputato dall’attore, l’assunzione dei lavoratori, avendo al
contrario sostenuto la propria mancanza di responsabilità appunto in ragione
della piena liceità dei rapporti instaurati (oltre che per la mancanza di un
danno risarcibile o per la scusabilità degli eventuali errori commessi). Tanto
comporta, in ragione del principio di non contestazione (art. 115, comma 1
c.p.c., come applicabile nel processo contabile ai sensi dell’art. 26 r.d. n.
1038/1933) che i fatti posti dal Procuratore regionale a fondamento della
responsabilità dei convenuti siano da considerare accertati, salvo che nei
confronti del RAVASIO, rimasto contumace, poiché il principio suddetto trova
applicazione solo nei confronti delle parti costituite.
Poiché nel caso
di detto convenuto nemmeno l’istruttoria esperita dalla Sezione ha consentito
di acquisire elementi di giudizio in ordine alla sua posizione, va accolta la
richiesta di assoluzione formulata dal Pubblico Ministero in dibattimento.
Infatti, per
quanto concerne la partecipazione del RAVASIO alla riunione del CDA del 22
gennaio 2011, nel corso della quale è stata assunta la decisione del rinnovo
dei rapporti di collaborazione contestati, la consulenza tecnica disposta dal Pubblico
Ministero penale (v. relazione a firma della dottoressa Alessandra PIREDDA del
10 maggio 2014, acquisita con l’ordinanza istruttoria) ha motivatamente
concluso nel senso della falsità delle firme dell’interessato apposte sul
verbale della suddetta riunione.
Poiché la
partecipazione alla decisione del CDA è stata desunta proprio dal verbale in
questione, viene perciò a mancare la prova del concorso del RAVASIO.
In relazione
invece al danno relativo al periodo precedente, non risulta possibile stabilire
se il RAVASIO abbia mai espresso il suo assenso all’instaurazione dei rapporti
di collaborazione di che trattasi. Infatti, per quanto gli atti trasmessi in
esecuzione dell’ordinanza (convenzioni e lettere di proroga), con i quali sono
stati stipulati i rapporti in questione, facciano tutti riferimento a pregresse
delibere del CDA, queste ultime non sono state reperite. Talché, come asserito
dal Pubblico Ministero in udienza, non si è in grado di stabilire quale sia
stata la partecipazione del convenuto alle decisioni in questione.
E’ certamente
verosimile che il RAVASIO fosse a conoscenza dell’esistenza dei rapporti di
collaborazione di cui si discute, ma tale consapevolezza non è sufficiente a determinare
una sua corresponsabilità, poiché il Procuratore regionale non ha addebitato ai
convenuti un mero comportamento omissivo, bensì di aver, come detto, autorizzato
e voluto l’instaurazione dei rapporti in questione, nonostante la loro palese
illiceità.
Per quanto
detto, la spesa contestata va quindi posta in relazione causale con la condotta
dei convenuti MANCA, PORCELLI e BAGGIANI.
Per quanto
concerne l’elemento psicologico, anche in questo caso il Procuratore regionale
imputa ai convenuti una condotta dolosa.
Al riguardo, il
Pubblico Ministero ha sottolineato la chiarezza dei dati normativi in materia e
la precisa finalità delle disposizioni normative richiamate (contrasto del
precariato e dei tentativi di illecita stabilizzazione nel pubblico impiego, contenimento
delle spese in materia di impiego pubblico).
Ne ha perciò
desunto la consapevolezza dei convenuti di svolgere condotta contra legem e contro le regole di
organizzazione interna dell’Istituzione, accompagnata dall’accettazione del
pregiudizio arrecato alle risorse finanziarie pubbliche (v. pagg. 69-70 della
citazione).
Le scelte
operate, pur ampiamente difformi dalle disposizioni normative richiamate dall’attore,
non debbono però essere necessariamente lette come manifestazione di un intento
illecito volto a provocare danno all’erario o, comunque, ad accettarne l’eventualità,
potendo anche in questo caso essere la conseguenza di ignoranza della normativa
o di valutazioni erronee in ordine all’accertamento dei presupposti per il
ricorso a prestazioni lavorative esterne, operato senza mostrare la benché
minima consapevolezza dei limiti stringenti posti dalla normativa e dei
consolidati orientamenti della giurisprudenza contabile, di cui è indice
sintomatico il fatto che in tutte le convenzioni non vi sia traccia alcuna di
affermazioni circa la previa verificata necessità di ricorrere alle
collaborazioni in questione.
Non vi sono quindi
dubbi sulla sussistenza della colpa grave, considerate l’ampiezza e la gravità
delle violazioni alla normativa imputabili ai convenuti, anche in questo caso
significative di elevata negligenza, tanto più riprovevole se si considera la
rilevanza delle disposizioni disattese (tutte attinenti alla materia delle
assunzioni di personale e del conferimento di incarichi a soggetti esterni all’apparato
burocratico) la quale, come osservato dal Procuratore regionale, non avrebbe dovuto
sfuggire a un amministratore pubblico, anche se non dotato di specifica
preparazione professionale.
Le difese dei
convenuti replicano che la complessità della normativa, che renderebbe
scusabili anche eventuali errori da essi commessi nella sua applicazione,
sarebbe dimostrata dal fatto che la stessa amministrazione comunale, pur dotata
di personale professionalmente qualificato e nella condizione di ricevere l’assistenza
di un ufficio legale interno, ha ritenuto di dover fare ricorso al parere di un
legale esterno al fine di valutare la liceità dei rapporti instaurati.
Va però
considerato che la situazione che l’amministrazione comunale ha dovuto fronteggiare
era obiettivamente non semplice, perché si trattava di stabilire le iniziative
da assumere a fronte di contratti già stipulati, tenuto conto dei possibili
effetti giuridici determinati dalla lunga durata dei rapporti che ne erano
conseguiti.
Va soggiunto
che risulta contraddittorio che i convenuti adducano ora a scusante per i loro
eventuali errori una presunta complessità della normativa di cui non appare
abbiano mai avuto in precedenza alcuna consapevolezza. Perché il fatto che le
convenzioni con i collaboratori esterni siano state ripetutamente rinnovate
senza che risulti mai affrontata, neppure in termini sommari, la questione
della loro liceità è semmai in antitesi con tale assunto, apparendo come manifestazione
di una placida, quanto mal fondata, convinzione di agire nella piena legalità
(se non si aderisce alla tesi del Pubblico Ministero, secondo cui vi sarebbe
stata addirittura consapevolezza del contrario). Se viceversa i convenuti
avessero davvero avuto dubbi indotti da tale asserita complessità, sarebbe stato
logico che richiedessero al Comune di dare loro pareri o indirizzi precisi al
riguardo, cosa che non risulta dagli atti e che i convenuti nemmeno allegano di
aver fatto, avendo essi affermato di aver confidato sulla tacita approvazione
dell’amministrazione comunale (argomento di cui si è già detto e su cui non
occorre ripetersi).
La difesa del
MANCA ha rilevato che il convenuto non ha concorso alle decisioni assunte nel
CDA, in quanto il regolamento non prevedeva la sua partecipazione alle sedute
dell’organo amministrativo, ai cui deliberati, si sostiene, egli si sarebbe
limitato a dare doverosa esecuzione. Ma la evidente illiceità delle
convenzioni, ravvisabile, come si è detto, sotto diversi profili avrebbe
imposto al convenuto di non procedere alla stipula dei contratti e, anzi, di
rappresentare al CDA le ragioni per le quali non fosse consentito il ricorso
alle collaborazioni in questione.
10. Prima di procedere alla ripartizione
del danno tra i convenuti riconosciuti colpevoli, deve esaminarsi la
possibilità di fare uso del potere di riduzione dell’addebito, previsto dall’art.
52 del r.d. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti).
A tal fine, va
considerato il peso innegabile che ha avuto nella vicenda la mancanza -
imputabile all’Amministrazione comunale considerata nel suo complesso, non
essendo individuabili corresponsabilità di specifici soggetti - di tutte le
iniziative che avrebbero evitato la causazione dei danni di che trattasi, prima
fra tutte la vigilanza sull’istituzione, come sarebbe stato doveroso fare in
ottemperanza ad un preciso obbligo di legge.
Non ci sono
dubbi sul fatto che il contesto nel quale i convenuti hanno agito ha sicuramente
alimentato e rafforzato il già basso livello di attenzione ai vincoli normativi
che ha contraddistinto il loro operato, concorrendo a far percepire come
normali e leciti comportamenti ed atti che avrebbero richiesto ben altra considerazione.
Vi sono quindi
fondate ragioni per ridurre la condanna dei convenuti in misura che il collegio
reputa equitativamente di stabilire nel 40% del danno accertato.
11. Per quanto concerne il riparto tra i
convenuti, la Sezione ritiene che vada riconosciuto un ruolo maggiore nella
produzione del danno al MANCA, in ragione del fatto che lo stesso, ancor più
degli altri compartecipi, avrebbe dovuto essere a conoscenza dei vincoli posti
dalla normativa in ragione della sua specifica qualificazione professionale,
circostanza questa che rende più riprovevole la sua condotta negligente.
Per quanto
concerne specificamente il danno derivato dalla spesa per le collaborazioni
esterne, va ritenuto altresì maggiore il concorso del PORCELLI rispetto a
quello del BAGGIANI, avendo il primo anche partecipato alla stipula di alcune
convenzioni.
Per l’effetto:
a) la prima
posta di danno di euro 14.571,41, pari al 60% di euro 24.285,68, va addebitata
per il 55% al MANCA (euro 8.014,28) e per il 45% al PORCELLI (euro 6.557,13);
b) la terza
posta di danno di euro 109.958,49, pari al 60% di euro 183.264,15, va
addebitata per il 45% al MANCA (euro 49.481,32), per il 35% al PORCELLI (euro
38.485,47) e per il residuo 20% al BAGGIANI (euro 21.991,70).
Sulla somma per
cui è condanna dovranno essere corrisposti la rivalutazione monetaria secondo
gli indici ISTAT, da calcolare con decorrenza dalla data di ciascun singolo
pagamento (detratte le percentuali escluse dall’addebito) e sino alla data
della presente sentenza, e gli interessi legali sulla somma rivalutata, a
decorrere dalla data della sentenza e sino al soddisfo.
Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e vanno poste in solido a carico dei
condannati.
Non è luogo a
provvedere sulle spese nei confronti dei convenuti assolti, condividendo questa
Sezione (v. ex multis sentenza n. 146
del 18/2/2011) l’orientamento della giurisprudenza della Corte di cassazione,
da ultimo ribadito con sentenza 17 marzo 2015, n. 5264, secondo cui il diritto
al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile,
penale o amministrativa compete unicamente a coloro che si trovino in rapporto
di lavoro dipendente con l’amministrazione pubblica. Nel caso del RAVASIO, va
peraltro soggiunto che non vi sarebbero comunque spese da liquidare, atteso che
lo stesso è rimasto contumace nel processo.
PER
QUESTI MOTIVI
la Corte dei
conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente
pronunciando, condanna Maurizio PORCELLI, Giorgio BAGGIANI e Sergio MANCA al
pagamento, in favore del Comune di Cagliari, delle somme per ciascuno appresso
indicate (oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali, da calcolarsi
secondo le modalità indicate in parte motiva):
- Maurizio
PORCELLI euro 45.042,60 (diconsi euro quarantacinquemilaquarantadue e sessanta
centesimi);
- Giorgio
BAGGIANI euro 21.991,70 (diconsi euro ventunomilanovecentonovantuno e settanta
centesimi);
- Sergio MANCA
euro 57.495,60 (diconsi euro cinquantasettemilaquattrocentonovantacinque e
sessanta centesimi).
Condanna Maurizio
PORCELLI, Giorgio BAGGIANI e Sergio MANCA al pagamento, in favore dello Stato e
in solido tra loro, delle spese di giudizio, che sino alla presente sentenza si
liquidano in euro 3476,79 ( diconsi euro tremilaquattrocentosettantasei/79).
--------------------------------------------------------------------------------
Assolve Marco
RAVASIO e Luigi PUDDU dalla domanda attrice.
Nulla per le
spese nei confronti dei convenuti assolti.
Così deciso in
Cagliari, nella camera di consiglio del 12 marzo 2015.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Antonio
Marco CANU f.to Cristina ASTRALDI
Depositata in
Segreteria il 13 maggio 2015.
Il
Dirigente
f.to Paolo Carrus
Commenti
Posta un commento