Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Sardegna, sentenza 15.5.2015, n.88. In un ente strumentale comunale gli amministratori rispondono di danno erariale per le convenzioni di collaborazione stipulate contra legem


REPUBBLICA ITALIANA                                Sent. n.88/2015

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA

composta dai magistrati
Cristina ASTRALDI                                   Presidente
Antonio Marco CANU                               Consigliere relatore
Elisabetta LOCCI                                      Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul giudizio di responsabilità instaurato ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna nei confronti di
PORCELLI Maurizio, nato a Cagliari il 22 luglio 1962, codice fiscale PRCMRZ62L22B354Q, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è elettivamente domiciliato;
BAGGIANI Giorgio, nato a Milano il 6 novembre 1965, codice fiscale BGGGRG65S06F205H, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è elettivamente domiciliato;
RAVASIO Marco, nato a Milano il 10 maggio 1952, codice fiscale RVSMRC52E10F205I, residente a Crema nella via Borgo San Pietro n. 73, non costituito;
PUDDU Luigi, nato a Cagliari il 18 agosto 1969, codice fiscale PDDLGU69M18B354N, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosalia M. BIZZARRO, presso il cui studio in Cagliari, via Cimarosa 123 è elettivamente domiciliato;
MANCA Sergio, nato a Cagliari il 28 marzo 1945, codice fiscale MNCSRG45C28B354A, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentina SANNA, presso il cui studio in Cagliari, via Dante Alighieri 32 è elettivamente domiciliato.
Visto l’atto di citazione del 19/12/2013, iscritto al n. 23130 del registro di Segreteria, l’atto di rettifica della citazione del 08/01/2014 e tutti gli atti della causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 12 marzo 2015, il relatore Consigliere Antonio Marco CANU, nonché l’avvocato Rosalia M. BIZZARRO per PORCELLI Maurizio, BAGGIANI Giorgio e PUDDU Luigi, l’avvocato Valentina SANNA per MANCA Sergio e il Pubblico Ministero nella persona del Vice procuratore generale Mauro MURTAS.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO
Con l’atto di citazione indicato in epigrafe, il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna ha convenuto in giudizio i signori PORCELLI Maurizio, BAGGIANI Giorgio, RAVASIO Marco, PUDDU Luigi e MANCA Sergio, chiedendone la condanna al pagamento in favore dell’Erario, e segnatamente del Comune di Cagliari, della somma di euro 229.923,38, o di quella diversa che risulterà in corso di causa, ognuno nella misura quantificata per ciascuna voce di danno, aumentata del maggior danno da svalutazione monetaria, con interessi legali fino all’effettivo soddisfacimento delle ragioni dell’Erario e con vittoria delle spese di giudizio.
Il danno in questione sarebbe la conseguenza di condotte dolosamente illecite tenute dai convenuti nella loro rispettiva qualità di componenti del Consiglio di amministrazione (PORCELLI, BAGGIANI e RAVASIO), direttore artistico (PUDDU) e direttore amministrativo (MANCA) della Scuola Civica di Musica di Cagliari, organismo strumentale del Comune di Cagliari costituito nel 1998 nella forma dell’Istituzione.
A fondamento della domanda il Procuratore regionale ha esposto quanto segue.
Sulla base di informazioni assunte con nota del 14 marzo 2012, firmata dal Direttore generale del Comune di Cagliari, il Procuratore regionale ha avviato un’indagine, che ha fatto emergere gravi fatti aventi rilievo sul piano della responsabilità erariale, tutti inerenti a incarichi conferiti e contratti stipulati in palese violazione della normativa richiamata in citazione.
Il primo fatto produttivo di danno viene individuato nel conferimento dell’incarico di “Direttore amministrativo contabile” della Scuola al dott. Sergio MANCA.
Il dott. MANCA aveva svolto le funzioni di Direttore amministrativo (o Responsabile dei servizi amministrativi) della Scuola dal 1998 al 2001, in qualità di dirigente del Comune di Cagliari, già allora percependo ingiustificati emolumenti aggiuntivi a carico del bilancio dell’Istituzione, in violazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti.
Dopo il collocamento a riposo, egli ha continuato di fatto a svolgere le medesime funzioni e continuato a percepire compensi sempre a carico dell’Istituzione fino al 2007, e così ha fatto dal 2007 al 2011, a seguito di laconica convenzione stipulata, in rappresentanza della Scuola, dal Presidente del Consiglio di amministrazione, dott. Maurizio PORCELLI.
L’incarico, ad avviso del Procuratore regionale, risulta conferito in aperta violazione dell’art. 25, comma 1, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, il quale pone la regola generale ed assoluta del divieto di conferimento di incarichi di consulenza e collaborazione di qualsiasi natura, inclusi quelli che riflettono un lavoro subordinato, ai dipendenti pubblici che cessino volontariamente dal servizio pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali - ma che abbiano tuttavia il requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità - da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione del servizio. Pertanto, costituiscono voce di danno tutti gli importi che la Scuola ha ininterrottamente pagato all’ex dipendente comunale fino al 2011, senza che possa essere ipotizzabile un qualche “vantaggio” da portare in detrazione al danno subito dall’Istituzione comunale, stante la presenza di un  divieto assoluto e generale posto dal legislatore di procedere all’affidamento dell’incarico nei casi previsti dalla disposizione citata.
Infatti, secondo l’attore, la norma di cui all’art. 25 della legge n. 724/1994 prevede un divieto assoluto e generale, talché è da ritenere che il legislatore abbia compiuto ex ante la valutazione di (il)legittimità dell’affidamento degli incarichi ai soggetti pre-pensionati da parte della medesima amministrazione presso cui prestava servizio il dipendente, ritenendo che, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e per salvaguardare “la effettiva trasparenza e piena imparzialità dell’azione amministrativa”, tale tipologia di incarichi debba essere vietata.
Un ulteriore e più grave profilo di illiceità sul piano delle conseguenze erariali è rinvenuto nella violazione della statuizione contenuta all’art. 18 del Regolamento istitutivo della Scuola, secondo cui le funzioni proprie del Responsabile della gestione Amministrativa non possono determinare onere alcuno per l’Istituzione, dovendo la relativa nomina essere effettuata dal Consiglio di amministrazione attingendo (unicamente) dalle professionalità interne al Comune di Cagliari, fra i Funzionari con qualifica non inferiore a quella di Dirigente. Né risultano esigenze straordinarie, eccezionali e indilazionabili che potessero (astrattamente) giustificare, in un arco temporale talmente ampio, il ricorso a professionalità esterna all’amministrazione comunale, considerato che da parte del Consiglio di amministrazione e degli organi di direzione della Scuola non furono mai rappresentate al Comune peculiari necessità di personale da adibire a compiti di direzione e amministrativi della Istituzione.
Infine, il Procuratore regionale osserva che, in ogni caso, dalle prestazioni del MANCA non sarebbe comunque derivato alcun vantaggio per la Scuola, considerate le rilevantissime irregolarità amministrative e contabili, riscontrate dal nuovo Consiglio di amministrazione della Scuola già pochi giorni dopo il suo insediamento e poi progressivamente affiorate a seguito degli accertamenti svolti dall’amministrazione comunale, che certamente privano di ogni sinallagmatica utilità le prestazioni per le quali i compensi venivano illecitamente corrisposti al MANCA.
A questo riguardo, viene esposto che dal 2002 al 2011 la Scuola aveva affidato,  senza che risulti in base a quale contratto o titolo, ad una società di consulenza amministrativa, fiscale e tributaria (“S.M.A. s.n.c. di Scano e Meloni” ), una non meglio precisata attività di “elaborazione dati” (tanto risulta dalle fatture emesse dalla società). Nel corso del 2011, il dott. MANCA aveva formalizzato il rapporto, stipulando con la società - senza alcuna procedura di evidenza pubblica - una convenzione in data 7 febbraio 2011. Nelle premesse si dava atto di una deliberazione del Consiglio di amministrazione della Scuola con cui si era disposto di stipulare dal 1/01/2011 al 31/12/2016 una convenzione con la suddetta società riguardante aspetti contabili e gestionali dell’Istituzione.
Peraltro, gli accertamenti eseguiti dalla Procura dopo l’esposto e le verifiche svolte dal Servizio Bilancio del Comune a seguito delle segnalazioni inoltrate dal nuovo Consiglio di amministrazione dopo l’insediamento, hanno disvelato l’esistenza di una situazione amministrativa e contabile del tutto caotica, ma soprattutto connotata da gravi e diffuse irregolarità, al punto da rendere la contabilità della Scuola totalmente inattendibile.
Tenuto conto che tra le eccezioni svolte nelle difese dei deducenti vi è stata anche quella di aver riposto affidamento sulle positive valutazioni espresse dal Collegio dei revisori all’esito dei controlli svolti sui bilanci consuntivi dell’Istituzione, il Procuratore regionale ha disposto l’acquisizione dei verbali e delle relazioni del Collegio dei revisori dei conti sui bilanci consuntivi della Scuola dall’anno 2006 al 2012. Dalla documentazione, il cui contenuto viene sintetizzato in citazione, non sono emersi elementi che confermino la fondatezza dell’eccezione.
Nulla è stato rinvenuto per gli anni 2006 e 2007, mentre per gli altri anni, dalla documentazione acquisita è risultato che il Collegio dei revisori, in occasione delle verifiche (di mero riscontro contabile) svolte nel 2008, 2009 e 2010, aveva rilevato irregolarità e incongruenze varie. I bilanci consuntivi relativi agli esercizi 2009, 2010 e 2011, peraltro presentati dalla Scuola solamente in bozza, sono stati esaminati dal Collegio dei Revisori nelle riunioni del 26/03/2012 e del 20/12/2012. Anche in questi verbali venivano rilevate varie irregolarità, ma il Collegio rilevava di non poter procedere essendo scaduto il proprio mandato.
Il nuovo Collegio dei revisori ha comunicato al Presidente del Consiglio di amministrazione dott. Paolo ZUCCA, che da una attenta analisi dei verbali redatti dal precedente organo di revisione erano emerse criticità in ragione delle quali si rendeva necessario e urgente svolgere una compiuta verifica sulla generale situazione amministrativo contabile della Scuola.
Il quadro delle irregolarità gestionali e contabili della Scuola ha trovato ancor più puntuale definizione all’esito delle verifiche eseguite dal “Servizio Bilancio, Società partecipate e Controllo analogo” del Comune di Cagliari nell’ambito del procedimento di internalizzazione dell’Istituzione.
La dirigente del Servizio, dottoressa Franca URRU, ha predisposto al riguardo una dettagliata relazione tecnica sulla situazione contabile dell’Istituzione, con la quale sono stati evidenziati l’esistenza di un generale disordine amministrativo - contabile, numerose prassi gestionali contrarie ai principi della contabilità pubblica e fatti suscettibili di particolare attenzione sotto il profilo della liceità. Le situazioni evidenziate dal dirigente comunale sono esposte in dettaglio nella citazione.
Ad avviso del Procuratore regionale, tutte le riferite emergenze istruttorie confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che la spesa sostenuta per il protratto incarico assegnato al dott. Sergio MANCA ha costituito per la Scuola danno erariale, quantificabile - tenuto conto dell’intervenuta prescrizione con riguardo ai compensi corrisposti prima del quinquennio precedente alla data della notificazione dell’invito a dedurre - nella complessiva somma di euro 24.285,68.
Tale danno è ascritto in via solidale allo stesso dott. MANCA, che, anche in forza delle più approfondite conoscenze giuridico-amministrative da lui esigibili, quell’illecita e protratta spesa non ha impedito, e al dott. Maurizio PORCELLI, il quale, in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola, e dunque senza averne titolo, quell’illegittimo incarico ha voluto anche formalizzare.
Dall’istruttoria esperita è risultato privo di fondamento quanto sostenuto dal PORCELLI, dal BAGGIANI e dal PUDDU nelle rispettive controdeduzioni scritte (il primo di avere appreso casualmente, e solo a seguito dell’invito a dedurre, che il MANCA non era più in servizio presso il Comune di Cagliari; il secondo e il terzo di avere saputo ciò, ma di avere riposto affidamento nel fatto che l’amministrazione comunale non aveva al riguardo mai mosso osservazioni). A questo riguardo, vengono riportate in citazione le affermazioni fatte dal Presidente del nuovo CDA dott. Paolo ZUCCA in una relazione riservata trasmessa al Sindaco e al Direttore generale del Comune di Cagliari, in ordine a quanto riferitogli dal Direttore artistico Luigi PUDDU secondo cui il MANCA era in pensione dal 2001 e avrebbe mantenuto l’incarico presso la Scuola sino al dicembre 2011, percependo a tal fine un compenso.
Non vi sarebbero ragioni, secondo il Procuratore regionale, per dubitare della genuinità di quanto riferito nel documento riservato, per cui emerge che la posizione del MANCA era certamente conosciuta dal presidente e da tutti i componenti del precedente Consiglio di amministrazione, tenuto anche conto che, in caso contrario, non si spiegherebbe a quale titolo venissero sistematicamente corrisposti emolumenti aggiuntivi a beneficio di un dirigente ancora in servizio, e dunque in violazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico di tutti i dirigenti pubblici di cui all’art. 24 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sicuramente non consentiti alla luce di quanto statuito dall’art. 18 del Regolamento istitutivo della Scuola, e comunque non previsti né autorizzati da alcun atto normativo.
Quanto all’elemento psicologico dell’illecito, ritiene la Procura che non si possa seriamente dubitare della sussistenza del dolo, stante la chiarezza dei dati normativi richiamati e stante soprattutto la gravità della situazione amministrativa  e contabile della Scuola, gravità evidentemente stratificatasi negli anni, e dunque la cosciente consapevolezza, ed anzi la volontà di persistere nella condotta contra legem e contro le regole di organizzazione interna dell’Istituzione, intenzionalmente volta a  procurare ingiusto vantaggio patrimoniale a soggetto estraneo all’amministrazione, con la certa consapevolezza delle conseguenze dannose per le risorse finanziarie pubbliche.
Il secondo fatto produttivo di danno erariale è individuato nella stipula di una convenzione di incarico professionale per le mansioni di Vice Direttore artistico della Scuola con il maestro Giorgio BAGGIANI.
Tale incarico, per il quale il BAGGIANI ha percepito sistematicamente la retribuzione fino al 2011, è stato conferito, secondo il Procuratore regionale, in violazione del regolamento istitutivo della Scuola, il quale prevedeva unicamente la possibilità per il CDA, in caso di impedimento o assenza del titolare del posto per malattia, ferie, congedo, motivi di famiglia e simili, di assegnare temporaneamente le funzioni di Direttore artistico ad altro soggetto.
Del tutto arbitrariamente, dunque, è stata fatta gravare sul bilancio della Scuola una sistematica spesa che non trovava alcun fondamento normativo e neppure giustificazione sul piano sinallagmatico.
Pretestuose sarebbero da considerare le affermazioni contenute nelle controdeduzioni all’invito, secondo cui la direzione artistica non poteva essere garantita dal solo titolare e quella nuova figura e quell’incarico avrebbe invece consentito “un’accurata gestione artistica della Scuola”, in quanto smentite dalla lettura di tutti gli atti relativi all’incarico (dove non sono mai state rappresentate peculiari esigenze organizzative od operative sottese a quell’aggravio di spesa posto a carico dell’Erario) e dal fatto che mai furono rappresentate all’Amministrazione del Comune di Cagliari peculiari necessità di personale da adibire a compiti di direzione dell’Istituzione.
Il danno erariale è stato quantificato, stante l’intervenuta prescrizione per le somme corrisposte oltre il quinquennio precedente la notifica dell’invito a dedurre, nella complessiva somma di €. 4.215,00. Con atto depositato l’8 gennaio 2014 il Procuratore regionale ha sul punto rettificato l’atto di citazione, rappresentando che lo stesso era inficiato da un mero errore materiale. Il danno in questione è stato quindi corretto in € 13.815,00.
Il pregiudizio erariale è ascritto in via solidale e a  titolo di dolo al dott. Sergio MANCA il quale, nella veste di Direttore amministrativo della Scuola, ritenne di non dovere eccepire alcunché in merito alla creazione e al mantenimento di quella illegittima posizione e anzi sistematicamente sottoscrisse gli atti di liquidazione dei compensi; ai componenti del Consiglio di amministrazione Maurizio PORCELLI e Marco RAVASIO e al Direttore artistico Luigi PUDDU, i quali autorizzarono l’illecita spesa ad esclusivo vantaggio personale di un componente dello stesso Consiglio di amministrazione, addirittura deliberando, su proposta del Direttore artistico PUDDU, la proroga di quell’incarico fino al 2021; e al BAGGIANI stesso, avendo questi indisturbatamente locupletato, in un lunghissimo arco temporale, aggiuntive risorse finanziarie pubbliche ad esso non spettanti.
L’illecito viene ritenuto doloso, stante la chiarezza del dato normativo richiamato e, dunque, la cosciente consapevolezza di svolgere condotta antigiuridica, confliggente con le vincolanti regole di organizzazione interna dell’Istituzione, intenzionalmente volta a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al BAGGIANI, con la sicura consapevolezza delle conseguenze dannose per le risorse finanziarie pubbliche.
Del tutto inconsistenti sono ritenute le argomentazioni svolte dai convenuti nelle controdeduzioni scritte, volte a rappresentare un affidamento riposto nella correttezza del proprio operare in ragione dell’assenza di rilievi  provenienti dai revisori contabili o dall’amministrazione comunale, anche solo considerando la particolare callidità sottesa agli atti propositivi, deliberativi e contrattuali adottati e stipulati dagli organi della Scuola, con i quali, in prossimità della scadenza del mandato del Consiglio di amministrazione uscente, intesero surrettiziamente prolungare al PUDDU e al BAGGIANI, fino al 2021, l’incarico di Direttore artistico e quello di Vice Direttore artistico, all’evidente scopo di imporre al successivo Consiglio di amministrazione quelle nomine (e dunque la vantaggiosa posizione dei due) e così privarlo di una precisa e rilevantissima prerogativa assegnata dal Regolamento della Scuola.
Il terzo fatto produttivo di danno erariale viene individuato dal Procuratore regionale nella stipula di alcuni contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di generiche attività amministrative e ausiliarie di supporto (guardiana e custodia).
Nella seduta del 22 gennaio 2011 il Direttore artistico M° Luigi PUDDU, fra le altre, aveva anche formulato al C.d.A. una nuova proposta di “organizzazione” della Scuola, che prevedeva l’assunzione diretta - e dunque senza alcuna procedura comparativa di evidenza pubblica – di alcune unità di personale, le quali avevano già svolto attività lavorativa con la Scuola negli anni precedenti. La scadenza dei relativi contratti veniva indicata al 31.12.2016. La proposta del PUDDU veniva approvata dal C.d.A. all’unanimità dei presenti (Maurizio PORCELLI Presidente, Giorgio BAGGIANI e Marco RAVASIO consiglieri). Il 7 febbraio 2011 il Direttore amministrativo della Scuola, dott. Sergio MANCA, stipulava i contratti con ciascuna delle predette unità, stabilendo per tutti la scadenza del 31 dicembre 2016.
Secondo l’attore, tutti i contratti in esame sono stati stipulati in aperta violazione di legge, al di fuori di ogni possibilità di programmazione da parte degli organi di indirizzo e di controllo politico amministrativo dell’ente locale e in spregio alle disposizioni del Regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, al quale il Regolamento istitutivo della Scuola faceva espresso rinvio.
Nessuna informazione, nessuna comunicazione, nessuna esigenza di personale fu mai rappresentata all’amministrazione del Comune di Cagliari dagli organi di gestione della Scuola e dal soggetto incaricato delle funzioni di direzione amministrativa della stessa, in tal modo impedendo che il Comune potesse valutare e individuare l’esistenza di risorse umane e professionali presenti al suo interno, senza inutili costi per l’erario e di certo qualitativamente più attrezzate rispetto a quelle unità retribuite dalla Scuola per compiti di natura amministrativa, stante la caotica situazione successivamente accertata.
Lungi dall’avere agito indotti dalla assenza di rilevi o contestazioni provenienti dal Collegio dei revisori o dall’amministrazione comunale, i convenuti, invece, su proposta del Direttore artistico PUDDU, approvata dal Consiglio di amministrazione all’unanimità, hanno finanche proceduto all’assunzione di quel personale con contratti di durata abnormemente lunga (fino al 2016), all’evidente scopo, si afferma, di precostituire le condizioni affinché i beneficiari potessero successivamente avanzare verso l’amministrazione comunale richiesta (rectius: pretese) di conversione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, così esponendo l’amministrazione stessa a un sicuro e costoso contenzioso, come poi avvenuto allorché il Comune ha comunicato a ciascun soggetto la volontà di porre termine a quei rapporti lavorativi.
Quanto all’elemento oggettivo della responsabilità contestata, il pregiudizio erariale è stato rapportato all’ammontare delle retribuzioni corrisposte per le cinque posizioni lavorative nel quinquennio precedente la notifica dell’invito a dedurre, pari dunque complessivamente a €. 191.822,70.
Il danno come sopra quantificato è ascritto in via solidale e a titolo di dolo al dott. Sergio MANCA il quale, nella veste di Direttore amministrativo della Scuola, nulla ritenne di eccepire circa l’evidente contrasto di quei rapporti di collaborazione rispetto alla normativa imperativa vigente, giungendo peraltro al loro rinnovo con previsione di scadenza nientemeno fino al 31 dicembre 2016, e ai componenti del Consiglio di amministrazione Maurizio PORCELLI, Giorgio BAGGIANI e Marco RAVASIO, i quali tutti, per lungo tempo, quegli illeciti rapporti di lavoro hanno evidentemente autorizzato e voluto, così come voluto e autorizzato il rinnovo e l’assurda durata prevista, in spregio alla legge a finanche dei più elementari criteri di buona amministrazione, oltreché di imparzialità e di trasparenza.
Quanto all’elemento psicologico dell’illecito erariale, reputa la Procura doversi configurare per tutti gli estremi del dolo, stante la chiarezza dei dati normativi in materia e la precisa finalità di quelle disposizioni normative e dunque la consapevolezza di svolgere condotta contra legem e contro le regole di organizzazione interna dell’Istituzione, accompagnata dall’accettazione del pregiudizio arrecato alle risorse finanziarie pubbliche.
I convenuti BAGGIANI, PUDDU e PORCELLI si sono costituiti in giudizio a ministero dell’avvocato Rosalia M. BIZZARRO, la quale, con memoria depositata il 19 giugno 2014, ha formulato le seguenti difese.
Preliminarmente e in via pregiudiziale, è stata eccepita la mancanza di interesse ad agire in capo alla amministrazione comunale e l’inammissibilità dell’atto di citazione per mancanza dell’attualità del danno.
In ordine al primo aspetto, la difesa rileva che gli stessi comportamenti addebitati ai convenuti sono stati mantenuti dalla stessa amministrazione che si assume essere danneggiata e, quindi, portatrice di un interesse. Ciò in quanto il personale che si ritiene sia stato assunto illegittimamente dai convenuti ha continuato fino al 31/12/2013 ad essere utilizzato dagli stessi funzionari comunali che avevano, nel mese di marzo 2012, inoltrato l’esposto alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale.
Per quanto attiene al secondo aspetto, si afferma l’inesistenza di un danno attuale, che diverrebbe tale solo qualora i lavoratori e/o il maestro BAGGIANI chiedessero al Comune di Cagliari il risarcimento monetario per le differenze retributive  a seguito del lavoro svolto effettivamente presso la Scuola.
Ancora, si sostiene la mancanza degli elementi costitutivi del danno erariale.
In relazione al danno per l’assunzione di cinque lavoratori avvenuta in modo difforme dalla normativa vigente, si replica che, innanzi tutto, la Scuola rientrava nella previsione dell’art. 114 comma 5 bis del TUEL e quindi non era soggetta alle regole imposte agli EELL in materia di assunzioni.
In ogni caso, non sarebbe comunque fonte di danno erariale la mera inosservanza di norme di legge. A questo riguardo, si afferma che la Scuola non avrebbe potuto operare diversamente, date le caratteristiche affatto particolari della sua attività. Essa infatti dipendeva per la sua esistenza dai contributi della Regione, del Comune e dalle rette degli alunni, per cui non avrebbe potuto assumere personale a tempo indeterminato. Inoltre la flessibilità del rapporto di lavoro era necessaria anche in relazione alle prestazioni lavorative richieste, per le esigenze della scuola, in orari e giorni particolari.
Per cui l’Amministrazione lungi dall’aver subito un danno avrebbe anzi conseguito solo vantaggi dalle forme contrattuali prescelte dai convenuti. A riprova di ciò si sottolinea ancora che il personale in questione è stato trattenuto in servizio sino al 31 dicembre 2013.
Inoltre, difetterebbe per l’affermazione della responsabilità amministrativa anche l’elemento psicologico. I convenuti avrebbero agito in buona fede per far conseguire alla Scuola un enorme risparmio e, al massimo, potrebbero aver commesso un errore scusabile, considerata la complessità della normativa applicabile.
A sostegno di tale tesi è stato rilevato che gli organi preposti al controllo dell’Istituzione, con particolare riferimento al collegio dei revisori, mai hanno avuto nulla da eccepire sull’operato dei convenuti, i quali peraltro, sino a quando hanno avuto la responsabilità della gestione della scuola, hanno palesemente raggiunto l’obiettivo per cui la scuola stessa era stata costituita, come dimostrato dal rilevante numero degli iscritti e degli eventi realizzati.
Per quanto concerne il danno derivante dal conferimento dell’incarico di vice direttore, la difesa replica che, stante il fatto che la scuola era aperta per l’attività ordinaria dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle ore 23 (senza contare le aperture nei giorni festivi per eventi particolari o l’organizzazione di eventi in orario notturno), non era pensabile che il solo direttore artistico potesse assicurare la sua presenza costante, talché sin dal 1999 si era manifestata la necessità di prevedere la figura del vice direttore. La mera mancanza di detta figura nello statuto della Scuola non potrebbe quindi costituire di per sé il fondamento della contestata responsabilità, anche considerando che l’autonomia gestionale della Scuola stessa, in assenza di un espresso divieto al riguardo, consentiva di prevedere tale figura professionale.
Il compenso erogato è comunque stato di misura assai ridotta e non è mai stato occultato, in quanto il BAGGIANI emetteva regolarmente le fatture e la relativa spesa, regolarmente contabilizzata, è sempre stata pienamente a conoscenza del comune e dell’organo di controllo, senza che nessuno abbia in precedenza rilevato che ciò fosse causa di danno. Anzi, il BAGGIANI avrebbe percepito un compenso inferiore a quello che gli sarebbe spettato per l’attività di collaborazione coordinata continuativa.
Con riguardo infine alla voce di danno per le somme percepite dal dott. MANCA per il lavoro svolto come direttore amministrativo, la difesa osserva che non corrisponde al vero e non è provato quanto affermato in citazione circa l’esistenza di una situazione amministrativa e contabile del tutto caotica e connotata da gravi e diffuse irregolarità.
L’incarico dato alla SMA è stato necessario e vantaggioso per l’amministrazione, in quanto l’apparato burocratico non era in grado di svolgere gli incombenti affidati alla società in questione, se non acquistando un software particolare, il cui costo sarebbe stato superiore a quanto pagato alla SMA.
Parimenti prive di pertinenza sarebbero alcune delle circostanze indicate in citazione che hanno portato all’apertura di un procedimento penale, conclusosi però con un’archiviazione.
Nel merito della contestazione, si rileva che il nominativo del direttore amministrativo doveva provenire necessariamente dal Comune, il quale omise di comunicare il pensionamento del dott. MANCA e di invitare il CDA a provvedere alla nuova nomina, indicando il nominativo del funzionario preposto a tale compito.
Sono state pertanto formulate le seguenti conclusioni:
In via preliminare e pregiudiziale:
1) dichiarare inammissibile l’atto di citazione per mancanza dell’attualità del danno e degli altri presupposti di legge;
2) accertare la mancanza di interesse da parte della Amministrazione Comunale atteso che, come meglio eccepito nella parte superiore, la detta Amministrazione ha continuato ad avvalersi delle figure dei lavoratori, di cui la Procura assume la irregolare assunzione, fino al 31/12/2013, continuando - quindi - l’operato oggi contestato ai convenuti.
Nel merito, rigettare le avverse richieste giacché infondate sia in fatto sia in diritto per mancanza del danno e, comunque, dell’elemento psicologico costitutivo della fattispecie.
In subordine, nel caso in cui si dovesse comunque ravvisare una responsabilità, in capo ai convenuti, applicare l’esimente dell’errore professionale.
In ulteriore subordine, nella deprecata e non creduta ipotesi in cui si dovesse ravvisare a carico dei convenuti una qualsiasi responsabilità, tenere conto dei vantaggi conseguiti dalla Scuola e dalla Amministrazione Comunale e, pertanto, applicare il più ampio potere riduttivo e ogni possibile beneficio di legge. In ogni caso con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Il convenuto MANCA si è costituito in giudizio a ministero dell’avvocato Valentina SANNA la quale, con memoria depositata il 17 giugno 2014, ha formulato le seguenti difese.
Con riguardo al danno per l’incarico di direttore amministrativo contabile della Scuola, conferito al convenuto sino al 31/12/2011, la difesa osserva che il MANCA, sin dalla sua collocazione a riposo avvenuta nel 2002, manifestò immediatamente la volontà di lasciare il suo incarico e fu l’Amministrazione Comunale a chiedergli di continuare nello svolgimento dello stesso in attesa di nominare altro dirigente comunale che fosse in possesso dei requisiti equivalenti a quelli del Dott. MANCA, cosa, nel periodo in esame (e almeno sino al 2011) non facile, vista la peculiarità dell’incarico in questione, la quale avrebbe richiesto, oltre la qualifica di dirigente, anche una formazione professionale e culturale idonea a svolgerlo. Ciò è confermato dal fatto che il funzionario subentrato al MANCA non ha la qualifica dirigenziale.
D’altra parte, il fatto che il MANCA fosse in quiescenza dal 2002 e continuasse a svolgere il suo incarico presso la Scuola anche in epoca successiva e sino al 2011 era ben noto al Comune di Cagliari. Ciò è dimostrabile attraverso le testimonianze di tutti i funzionari del Comune di Cagliari, il cui nominativo è indicato in memoria, con cui il convenuto conferiva frequentemente nell’espletamento del suo incarico.
Secondo la difesa, non vi è dubbio che la reale volontà del Comune di Cagliari, espressa in maniera evidente per fatti concludenti, fosse quella di continuare ad avvalersi del dott. MANCA, considerata l’inerzia dell’amministrazione comunale ogni volta che, per legge, avrebbe dovuto sciogliere il CDA (facendo così decadere il Dirigente Amministrativo) e provvedere alla nomina del nuovo CDA, fornendo anche il nominativo del nuovo Dirigente Amministrativo.
La responsabilità, per le conseguenze di tale inerzia, non può in alcun modo essere attribuita al convenuto, tanto meno gli si può contestare il dolo o la colpa grave per avere, nell’inerzia predetta, ottemperato a ciò che gli veniva richiesto (verbalmente e per fatti concludenti) dall’amministrazione comunale stessa.
Non costituisce comunque danno erariale la somma di circa € 300,00 mensili netti erogata al Dott. MANCA, a fronte della prestazione professionale altamente qualificata da lui fornita, dalla quale la Scuola ha tratto un enorme vantaggio economico nella razionalizzazione delle risorse a disposizione, in tutta trasparenza.
Peraltro, si osserva, tale retribuzione non contrastava con il principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti della P.A., trattandosi di un incarico aggiuntivo svolto all’esterno.
Successivamente al pensionamento, nell’inerzia della Pubblica Amministrazione, il CdA deliberava in favore del dott. MANCA la prosecuzione del suo incarico di direttore amministrativo (caratterizzato dalla temporaneità e dall’eccezionalità) utilizzando l’unica forma contrattuale adatta a quella situazione, poiché soggetta alle modifiche della gestione politica del Comune di Cagliari che poteva avvenire, non solo per decorrenza del mandato del Sindaco, ma anche per l’eventuale caduta della Giunta Comunale o, ancora, per mancanza di erogazione da parte della Regione Sardegna dei finanziamenti di cui all’art. 21 del Regolamento istitutivo della Scuola Civica di Musica (queste ultime certamente imprevedibili).
Infatti, al fine di garantire il funzionamento dell’Istituzione nell’esecuzione di tutte le attività indicate nel proprio Regolamento istitutivo agli artt. 3, 4, 5 e 7, la Scuola Civica di Musica poteva stipulare esclusivamente contratti di lavoro flessibili, comprendendo tra questi tutte quelle possibilità di utilizzazione del lavoratore previste dal codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, diverse dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Tale possibilità nel pubblico impiego è stata contemplata dall’art. 36 D.Lgs. 165/2001. La Scuola Civica si è trovata nella necessità di sopperire all’inerzia della P.A stipulando un contratto temporaneo di collaborazione con il convenuto, in conformità a quanto disposto dall’art. 7 comma 6 del D.lgs. n. 29 del 1993 e successive modifiche.
Relativamente alla contestazione riguardante la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con alcune unità di personale, si richiamano le esigenze di temporaneità sopra esposte, tant’è vero che tali contratti venivano stipulati con l’avvertimento che potevano essere rescissi in qualunque momento. In ogni caso, se ne contesta la qualifica di lavoro subordinato a tempo determinato nel senso privatistico e pubblicistico del termine, poiché trattasi di contratti di collaborazione coordinata e continuativa assimilabili al regime di parasubordinazione di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c., commisurati alla natura temporanea della prestazione richiesta e alla “precarietà” della Scuola Civica (la cui esistenza dipendeva in maniera essenziale dai finanziamenti regionali).
La stipula dei predetti contratti ha prodotto un notevole ed indubbio risparmio economico se si considera, per esempio, che i collaboratori non percepivano la retribuzione per il mese di agosto, né la tredicesima.
Vi era inoltre la necessità preminente della Scuola Civica di potersi avvalere di personale operativo dalle ore 9:00 alle ore 23:00. Ciò soprattutto in considerazione del maggiore lavoro determinato dall’aumento degli studenti, le cui quote d’iscrizione contribuivano ad incrementare le risorse economiche della Scuola Civica.
Incomprensibile e priva di fondamento è la contestata violazione di legge e dei criteri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione tramite la stipulazione dei contratti in questione nonché del loro rinnovo.  Gli organi della Scuola Civica hanno cercato, nel rispetto delle leggi e con scrupolosità e trasparenza, di fornire ai cittadini il migliore servizio con la migliore gestione possibile nelle condizioni in cui si poteva operare, non essendo opportuno, per le ragioni esposte in memoria, procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.
I vantaggi della scelta adottata sono dimostrabili agevolmente attraverso una consulenza tecnica diretta a comparare, nelle singole voci e mansioni, le buste paga dei collaboratori in questione con quelle dei dipendenti pubblici (a tempo indeterminato o determinato).
Anche il parere reso per il Comune dall’avv. MASTINU contiene affermazioni che legittimano la condotta della Scuola (si afferma ivi che la Scuola non è soggetta all’applicazione delle disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali, il divieto o la limitazione alle assunzioni di personale, il contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori ex art. 114, c. 5 bis d. lgs. 267/2000 ultimo periodo).
Ad ogni modo, si sostiene, il MANCA non è comunque responsabile di tale presunto danno in quanto egli si è limitato a dare esecuzione alla decisione di stipulare i contratti in questione, che è stata deliberata dal Consiglio di Amministrazione cui partecipava anche l’organo di controllo in rappresentanza del Comune di Cagliari ed al quale, invece, non ha mai partecipato il dott. MANCA.
Le delibere del CDA erano sottoposte a filtro di controllo del rappresentante del Comune presso il CDA e a quello successivo dei Revisori contabili della Ragioneria di Stato. Ciò determinava nell’odierno convenuto l’errata convinzione che quanto deliberato fosse legittimamente configurabile oltre che economicamente più conveniente. Tale convinzione veniva avvalorata dalla tacita approvazione del Comune di Cagliari che, in tutti quegli anni, nulla aveva mai eccepito al riguardo, pur essendone a conoscenza di tutto quello che succedeva all’interno della Scuola Civica per la presenza all’interno del CDA del suo “controllore” e per conoscenza dei funzionari (tra cui quelli sopra indicati come testimoni) costantemente informati dal dott. MANCA, nonché dai Revisori dei Conti, che hanno sempre approvato i bilanci della Scuola Civica, sin dalla sua creazione. La stessa amministrazione comunale ha sempre utilizzato le tipologie contrattuali oggi contestate, ritenendole evidentemente legittime e spiegando così la sua inerzia nei confronti dell’attività in esame, nonché la sopravvivenza, a tutt’oggi, delle stesse tipologie contrattuali di cui si ritiene responsabile l’odierno convenuto.
L’utilità della prestazione resa dai lavoratori è comunque oggettiva e riconosciuta sia pure implicitamente dall’amministrazione, per cui se ne dovrebbe tenere conto nel presente giudizio.
In subordine all’assoluzione dalla domanda, è stato chiesto che sia tenuta in giusta considerazione la concorrente responsabilità del Comune di Cagliari nella causazione dell’evento dannoso e del vantaggio dalla stessa conseguito e che sia applicata la giusta riduzione della somma richiesta a titolo di risarcimento del danno non in solido ma in proporzione alla parte che il convenuto vi ha preso. Con vittoria di spese e onorari di giudizio.
Il convenuto RAVASIO, cui l’atto di citazione risulta notificato ex art. 143 c.p.c., in quanto irreperibile, non si è costituito.
In data 4 luglio 2014 il Procuratore regionale ha depositato, chiedendone l’inserimento nel fascicolo di causa, copia dell’atto con cui la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari ha chiesto, in data 30 giugno 2014, il rinvio a giudizio di PORCELLI Maurizio, BAGGIANI Giorgio, MANCA Sergio e PUDDU Luigi in relazione a sei capi di imputazione attinenti ai fatti oggetto del presente giudizio, i primi cinque dei quali ipotizzano la commissione del reato di cui all’art. 323 c.p.
La causa è stata discussa nell’udienza dell’11 luglio 2014, nel corso della quale il Pubblico Ministero, pur rimettendosi alle valutazioni del Collegio in ordine all’utilità delle prestazioni rese dalle unità di personale assunte con contratti di collaborazione continuata e coordinativa ed impiegate in attività ausiliarie e di supporto, ha per il resto confermato la richiesta di condanna dei convenuti, con l’eccezione del RAVASIO, di cui ha chiesto l’assoluzione. Come riferito in dibattimento, quest’ultimo, in sede penale, aveva disconosciuto la propria firma e dedotto la falsità degli atti su cui è stata fondata la richiesta di condanna nei suoi confronti e le indagini disposte dal Pubblico Ministero penale avevano fornito riscontro a tali difese.
La Sezione, con ordinanza n. 94/2014, ha escluso di poter definire la posizione del RAVASIO (di cui è stata dichiarata la contumacia) in senso conforme alla richiesta formulata dal Pubblico Ministero, in assenza di elementi documentali o deduzioni di prova da parte dell’organo requirente a sostegno di detta richiesta.
Purtuttavia, si è rilevato che dall’imputazione penale poteva desumersi, sia pure senza la possibilità di risalire a specifiche fonti di prova, che, effettivamente, dalle indagini svolte dal Pubblico Ministero penale fossero stati acquisiti elementi che avevano corroborato la tesi del RAVASIO.
E’ stato quindi mandato al Procuratore regionale di svolgere gli opportuni accertamenti, provvedendo quindi ad acquisire e depositare in giudizio, nel termine fissato con l’ordinanza, copia della documentazione relativa a tale aspetto.
Al contempo, è stata disposta istruttoria presso il Comune di Cagliari, mandandosi al Direttore generale del Comune di trasmettere copia di tutta la documentazione relativa ai punti evidenziati in ordinanza, ovverosia:
1) delibera CDA del 18/12/2006, concernente il conferimento a MANCA Sergio dell’incarico di direttore amministrativo contabile;
2) atti (verbali di sedute e delibere del CDA, convenzioni, ecc.) relativi all’instaurazione di rapporti lavorativi comunque denominati con i sigg.ri DARDANI Riccardo, PEDDITZI Renato, LEU Veronica, ANGIUS Francesca e GIDAKOS Nikolaos negli anni precedenti al 2011”.
Il Procuratore regionale, con nota del 6 ottobre 2014, ha deposito, in esecuzione dell’ordinanza, la seguente documentazione:
1 - lettera istruttoria della Procura regionale prot. n° 3202 del 19/08/2014;
2 - nota del Direttore Generale del Comune di Cagliari prot. n° 210602 del 18/09/2014, e documentazione prodotta a riscontro di quanto disposto;
3 - CD Rom fascicolo del PM relativo al procedimento penale n° 1467/2013 contenente la consulenza tecnica grafologica disposta ed espletata circa la verificazione delle sottoscrizioni a nome Marco RAVASIO;
4 - stralcio del fascicolo relativo alla consulenza tecnica grafologica disposta ed espletata circa la verificazione delle sottoscrizioni a nome Marco RAVASIO, in formato cartaceo.
Nell’udienza del 12 marzo 2015, fissata per la prosecuzione del processo, l’avvocato BIZZARRO si è opposta all’assoluzione del solo RAVASIO, ritenendo che la posizione di costui sia del tutto assimilabile a quella degli altri convenuti. In ordine al disconoscimento della firma operato dal RAVASIO nel procedimento penale, ha osservato che gli accertamenti conseguentemente disposti dal Pubblico Ministero non sono ancora passati al vaglio del giudice penale. Ha rilevato inoltre che il RAVASIO ha negato di essere stato a conoscenza della sua nomina a Presidente della Scuola in sostituzione del PORCELLI e che ha disconosciuto di aver firmato, tra gli altri, anche un documento, sottoscritto appunto nella qualità di Presidente. Tuttavia, in quel caso, il consulente tecnico del Pubblico Ministero ha riconosciuto come autentica la sottoscrizione.
Per, il resto, ha confermato integralmente le conclusioni formulate con l’atto di costituzione in giudizio.
L’avvocato SANNA ha confermato integralmente le conclusioni formulate con l’atto di costituzione in giudizio.
Il Pubblico Ministero ha confermato le richieste formulate nella precedente udienza. A suo avviso, la documentazione acquisita con l’ordinanza ha confermato che i rapporti instaurati con le cinque unità di personale sono stati sistematicamente rinnovati e prorogati in spregio della normativa vigente, senza che fossero mai menzionate carenze di personale nell’ambito dell’amministrazione comunale che li giustificassero (nonostante che, come stabilito da una circolare del 2004, di tale carenza dovesse farsi cenno anche nel testo dei contratti e non solo negli atti deliberativi).
In ordine alla sussistenza del danno, ha affermato che non potrebbe essere valutata alcuna utilità compensativa, in quanto così facendo si vanificherebbe l’obiettivo perseguito dal legislatore di un contenimento della spesa per il personale.
Quanto al RAVASIO, la richiesta di integrale assoluzione si fonda sulle conclusioni della perizia grafologica, condivise dal Pubblico Ministero, e sulla impossibilità di prendere visione, per il periodo precedente al 2011, delle delibere del CDA (pur richiamate nelle convenzioni acquisite con l’ordinanza), in quanto non reperite.
In replica, l’avvocato BIZZARRO ha ribadito la propria tesi che la posizione del RAVASIO non possa essere definita in termini diversi da quella degli altri convenuti.
L’avvocato SANNA ha replicato rilevando che, anche ammesso che si possa considerare accertata la falsità delle firme attribuite al RAVASIO, non sarebbe però accertato a chi sia attribuibile tale falsificazione.
DIRITTO
1. Prima di passare al merito della causa, va dato atto della corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti del convenuto RAVASIO, di cui è stata dichiarata la contumacia con l’ordinanza n. 94/2014.
La notifica dell’atto di citazione e del pedissequo decreto presidenziale di fissazione dell’udienza dell’11 luglio 2014 è stata effettuata nei confronti del convenuto ex art. 143 c.p.c., stante la condizione di irreperibilità del predetto.
L’ufficiale giudiziario ha infatti accertato che nel luogo di residenza anagrafica (confermata dall’ufficiale di anagrafe del Comune di Crema in data 18/02/2014) il RAVASIO non era reperibile (v. relazione di omessa notifica del 19/03/2014: “ non potuto notificare perché da ricerche in luogo lo stesso risulta sconosciuto. Il nome non figura né sui citofoni né sulle cassette postali”).
Secondo l’orientamento della Corte di cassazione (v. sentenza n. 12526 del 4 giugno 2014), le riportate circostanze (irreperibilità nel luogo di residenza anagrafica, accertata dall’ufficiale giudiziario con relazione assistita da fede fino a querela di falso delle circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale) sono sufficienti a integrare la condizione di irreperibilità del destinatario della notifica che consente di fare applicazione dell’art. 143 c.p.c., dovendo ritenersi che incomba sul notificando che abbandoni l’originaria residenza e non si curi di mutare l’indirizzo anagrafico, il rischio appunto di una declaratoria di irreperibilità.
Va soggiunto che la Procura procedente ha agito con la diligenza richiesta dalle circostanze, in quanto, preso atto che una prima notifica tentata nel medesimo luogo a mezzo del servizio postale si era conclusa negativamente per irreperibilità del destinatario (v. avviso di ricevimento sottoscritto dall’addetto al recapito in data 6 febbraio 2014), ha richiesto al Comune di Crema conferma della residenza anagrafica, ottenuta con il certificato di cui si è detto sopra. Tale modus procedendi induce a ritenere che la Procura regionale abbia effettuato gli accertamenti esigibili, secondo un criterio di ordinaria diligenza, dal notificante (in tal senso, v. Corte di cassazione, n. 540 del 19 gennaio 2000).
Va, infine, tenuto conto che l’irreperibilità del RAVASIO nel luogo di residenza anagrafica era già emersa nel momento della notifica dell’atto di invito a dedurre (anch’essa effettuata quindi ex art. 143 c.p.c. in data 18/05/2013, v. relazione di notifica al fgl. 1624 delle produzioni di parte attrice – P.P.A.), il che non solo è ulteriore conferma del fatto che l’interessato non è più dimorante in detto luogo, ma rende altresì verosimile che egli se ne sia allontanato, senza comunicare il suo nuovo recapito, da epoca non di poco precedente alla data della notifica della citazione.
Per quanto detto, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio nei confronti del RAVASIO va considerata rituale, con conseguente conferma della contumacia del convenuto, dichiarata con l’ordinanza n. 94/2014.
2. La difesa dei convenuti BAGGIANI, PUDDU e PORCELLI ha preliminarmente eccepito la mancanza di interesse ad agire in capo all’amministrazione comunale e l’inammissibilità dell’atto di citazione per mancanza dell’attualità del danno.
La prima eccezione si fonda sul fatto che l’amministrazione comunale ha continuato ad avvalersi del personale assunto dai convenuti sino ad epoca recente e dopo che i presunti illeciti addebitati a questi ultimi, da cui sarebbe scaturito il danno erariale di cui si discute, sono stati oggetto di denuncia al Procuratore regionale.
In sostanza, si afferma, sarebbe contraddittorio ritenere che sia interesse del Comune di Cagliari ottenere il risarcimento di un danno che si assume derivante dall’illegittima assunzione di personale e, al contempo, consentire che l’amministrazione comunale continui ad avvalersi dell’opera di tale personale prestata in adempimento delle stesse convenzioni di cui si sostiene l’illiceità.
L’argomento difensivo è privo di fondamento.
E’ affermazione consolidata della giurisprudenza di questa Corte che l’amministrazione pubblica che abbia subito un danno erariale non ha alcuna disponibilità del correlato credito risarcitorio, al punto che anche eventuali accordi transattivi intervenuti al riguardo con l’autore del danno non esplicano alcun effetto sia in punto di ammissibilità/procedibilità dell’azione del Pubblico Ministero, sia sul potere decisorio del giudice contabile, fatta salva esclusivamente l’incidenza di eventuali pagamenti effettuati dal responsabile sulla misura del danno risarcibile (in tal senso, ex multis, Corte dei conti, Sezione 1^ centrale d’appello, n. 237 del 15/04/2009).
Ben si comprende quindi come tanto meno possa darsi rilievo a meri comportamenti dai quali si vorrebbe desumere una carenza di interesse dell’amministrazione al risarcimento del danno in questione.
Con la seconda eccezione la difesa obietta che un danno certo e attuale si configurerebbe solamente qualora i lavoratori assunti dai convenuti e il Maestro BAGGIANI ottenessero dal Comune di Cagliari il risarcimento per le differenze retributive a loro spettanti a seguito del lavoro effettivamente svolto presso la Scuola Civica di Musica. In difetto di tale circostanza, si afferma, non vi sarebbe alcun nocumento per l’erario comunale per i compensi erogati ai suddetti per le attività svolte, per le quali gli stessi dovevano giustamente essere retribuiti.
Va detto, al riguardo, che è innegabile che l’erario comunale abbia subito una diminuzione certa e attuale corrispondente alle somme per le quali il Procuratore regionale ha proposto domanda, il che consente senz’altro di dare risposta affermativa alla questione dell’ammissibilità dell’azione.
Stabilire se a tale diminuzione corrisponda un danno ingiusto, è questione che attiene al merito della causa, al quale pure appartiene la valutazione della possibile compensazione di tale danno con un’utilità pubblica correlatamente conseguita, secondo il disposto dell’art. 1, comma 1-bis della legge n. 20/1994.
3. Nel merito della causa, il Procuratore regionale imputa ai convenuti di aver provocato danni all’erario del Comune di Cagliari per aver proceduto (o tollerato che si procedesse) alla stipulazione di convenzioni in contrasto con norme di legge o regolamentari.
Vanno premessi alcuni cenni in ordine alla natura dell’organismo presso il quale i convenuti hanno prestato servizio.
La Scuola Civica di Musica di Cagliari è stata istituita con delibera del Consiglio comunale n. 54 del 17 marzo 1998 (v. fgl. 1343 e sgg. P.P.A.) nella forma dell’Istituzione (v. art. 2 del regolamento della Scuola).
Secondo il disposto dell’art. 114 del T.U.E.L. (d. l.vo 18 agosto 2000, n. 267), l’istituzione è organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.
Nell’ambito della legge, l’ordinamento ed il funzionamento delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono (comma 5 art. cit.).
L’ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali (comma 6 art. cit.).
Il collegio dei revisori dei conti dell’ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni (comma 7 art. cit.).
All’istituzione possono essere affidati direttamente servizi pubblici locali privi di rilevanza economica (art. 113 T.U.E.L.).
Come chiarito da Corte dei conti, Sezione controllo Lombardia, parere n. 1065 del 23/12/2010, l’istituzione è un organismo privo di personalità giuridica, che opera all’interno dell’ente locale di riferimento con la sola autonomia gestionale. Essendo privo di autonoma soggettività, gli atti che compie sono imputabili direttamente all’ente locale.
L’autonomia gestionale si sostanzia nel fatto che l’istituzione ha propri organi, distinti da quelli dell’ente locale (consiglio di amministrazione, presidente e direttore, al quale compete la responsabilità gestionale, v. comma 3 art. 114 cit.), un proprio capitale di dotazione, conferito dall’ente locale, e un proprio bilancio, separato da quello dell’ente (anche se il rendiconto della gestione deve essere allegato al bilancio di previsione dell’ente, v. art. 172, comma 1, lett. b) T.U.E.L., e il regolamento di contabilità dell’ente “assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi”, v. art. 152, comma 2 T.U.E.L.).
Dalla normativa richiamata deve trarsi la conclusione che le istituzioni degli enti locali siano amministrazioni pubbliche ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2 del d. l.vo 30 marzo 2001, n. 165, dovendo le stesse essere considerate articolazioni interne dell’ente locale (come si è visto, assoggettate, per quanto concerne il loro ordinamento e funzionamento, allo statuto e ai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono), la cui attività, pur caratterizzata dall’autonomia gestionale di cui si è detto, è, come affermato nel richiamato parere della Sezione controllo Lombardia, imputabile direttamente all’ente locale, stante la mancanza di personalità giuridica. Quest’ultima circostanza, unitamente al fatto che i servizi ad essa affidati non hanno rilevanza economica, distingue l’istituzione dall’azienda speciale, che, secondo orientamento pacifico, rientra invece nella categoria degli enti pubblici economici locali, per i quali, come è noto, non trova applicazione la disciplina del pubblico impiego (v. Corte di cassazione, n. 15167 dell’11/09/2012), fatte salve le particolarità derivanti da specifiche norme poste a presidio dell’interesse pubblico (Corte di cassazione, n. 26939 del 19/12/2014).
L’argomento difensivo secondo cui solo dal 2013, con l’introduzione del comma 5 bis dell’art. 114 del T.U.E.L. (operata dall’art. 25, comma 2, lett. a), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27), sarebbero state estese alle istituzioni le regole vigenti per gli enti locali in materia di assunzioni, non può essere condiviso.
La norma va invece intesa come finalizzata ad estendere anche alle istituzioni le limitazioni poste agli enti locali per le assunzioni di nuovo personale, mentre non v’è dubbio che anche in precedenza trovasse per esse attuazione la normativa in tema di pubblico impiego applicabile agli enti locali, ivi compresa quella relativa al conferimento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa (come, del resto, si desumeva dall’art. 24 del regolamento istitutivo della Scuola, citato dal Procuratore regionale, secondo cuiper quanto non previsto dal presente Regolamento si rimanda allo statuto del Comune di Cagliari, e alle norme e ai regolamenti degli Enti Locali”, disposizione coerente con il già citato art. 114, comma 5 del T.U.E.L.).
Fatta tale premessa, si può ora passare ad esaminare la questione della illegittimità delle spese contestate dal Procuratore regionale.
4. Per quanto concerne il compenso erogato al MANCA quale incaricato di svolgere le funzioni di Direttore Amministrativo contabile della Scuola (v. convenzione stipulata in data 16 maggio 2007, fgl. 21-22 P.P.A.), il Procuratore regionale ha obiettato che tale incarico sarebbe da considerare illegittimamente conferito sotto due profili, come ricordato in narrativa.
La tesi dell’attore è fondata.
Sussiste infatti, innanzi tutto, palese violazione dell’art. 25 della legge n. 724 del 1994, il quale vieta il conferimento di incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca a ex dipendenti dell’amministrazione conferente cessati volontariamente dal servizio senza aver maturato il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali, ma in possesso del requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità previsto dai rispettivi ordinamenti.
Tale divieto, come espressamente detto nella disposizione citata, è stato posto “al fine di garantire la piena e effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa …”, ma, secondo quanto affermato da Corte di cassazione, n. 20523 del 28/07/2008, alla norma non è affatto estraneo l’ulteriore fine di garantire risparmi di spesa impedendo il cumulo tra pensione e retribuzione.
Parimenti sussistente è la violazione dell’art. 18 del regolamento della Scuola, approvato con la citata delibera C.C. n. n. 54/1998.
Tale disposizione stabiliva che il CDA della Scuola provvedesse “alla nomina fra i Funzionari dell’Amministrazione Comunale, di un Responsabile della gestione Amministrativa con qualifica non inferiore a quella di Dirigente al fine di consentire al Responsabile della gestione Amministrativa, oltre il coordinamento delle attività amministrative e contabili della Scuola, anche l’adozione degli atti necessari allo svolgimento delle attività istituzionali che comportino responsabilità di funzioni dirigenziali (contratti - pareri - liquidazioni etc)”.
Come è di tutta evidenza, la norma poneva un preciso limite all’autonomia gestionale del CDA, atteso che, secondo la riportata disposizione dell’art. 114, comma 5 del T.U.E.L., l’ordinamento ed il funzionamento dell’istituzione sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale. L’incarico in questione non poteva quindi essere conferito ad un soggetto non appartenente all’amministrazione comunale di Cagliari (come era il MANCA dopo il suo pensionamento, avvenuto nel 2002).
5. Per quanto concerne l’addebito relativo alla nomina del BAGGIANI a vice direttore artistico valgono considerazioni analoghe a quelle appena svolte in ordine alla denunciata violazione del regolamento istitutivo della Scuola.
Quest’ultimo, all’art. 19, prevedeva infatti che “in caso di assenza o di impedimento del Direttore [artistico], il Consiglio di Amministrazione può delegare funzioni e responsabilità ad altri”. Anche in questo caso, deve rilevarsi la fondatezza dell’assunto accusatorio, in quanto, pur consentita, la nomina di un sostituto del titolare doveva avere carattere di temporaneità e, soprattutto, essere condizionata ad una situazione di transitoria impossibilità del Direttore artistico di svolgere le proprie funzioni.
Le convenzioni stipulate con il BAGGIANI (quelle acquisite agli atti, v. fgl. 61 e sgg. P.P.A.) non recavano invece alcuna limitazione dell’incarico ai periodi di precaria assenza del Direttore artistico.
6. Con riguardo, infine, alle convenzioni stipulate con cinque lavoratori, due adibiti allo svolgimento di compiti di segreteria e tre alla custodia e alla pulizia dei locali in cui aveva sede la Scuola, il Procuratore regionale, come detto in narrativa, ne deduce l’illegittimità sotto profili plurimi, tutti però attinenti alla violazione delle norme in materia di conferimento di incarichi e di acquisizione di personale dipendente e di collaboratori autonomi da parte delle pubbliche amministrazioni (v. pag. 21 della citazione).
Dalla documentazione versata in atti dall’attore e da quella acquisita con ordinanza dalla Sezione emerge che le convenzioni stipulate con le cinque unità di personale (sporadicamente, i rapporti in essere sono stati prorogati con lettere del Presidente PORCELLI, firmate per accettazione dagli interessati) hanno avuto tutte ad oggetto incarichi di collaborazione continuata e coordinativa.
Tali incarichi, per il cui conferimento non è stata espletata alcuna procedura comparativa, sono stati periodicamente rinnovati, praticamente senza soluzione di continuità, anche se l’inizio dei vari rapporti è stato diverso per ciascun singolo interessato (marzo 1999 per PEDDITZI, giugno 1999 per GIDAKOS, novembre 2001 per LEU, novembre 2007 per ANGIUS, gennaio 2009 per DARDANI).
Non può che concordarsi con il Procuratore regionale quando afferma che tali convenzioni hanno disatteso le disposizioni richiamate in citazione.
I rapporti di collaborazione continuata e coordinativa, previsti dall’art. 409 n. 3 c.p.c., debbono, secondo il disposto dell’art. 61, comma 1 del d. l.vo 10/09/2003, n. 276, nel testo vigente sino alle modifiche apportate dalla l. 28 giugno 2012, n. 92, “essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.
Come chiarito dalle Sezioni riunite di questa Corte in sede di controllo (v. delibera 15 febbraio 2005, n. 6/CONTR/05), tali rapporti “rappresentano una posizione intermedia fra il lavoro autonomo, proprio dell’incarico professionale, e il lavoro subordinato” e “sono […] utilizzabili per le esigenze ordinarie proprie del funzionamento delle strutture amministrative e non riguardano perciò il ricorso agli incarichi esterni”.
Il senso di tale ultima affermazione va peraltro inteso alla luce della sopravvenuta disposizione di cui all’art. 7, comma 6 del d. l.vo n. 165/2001, nel testo sostituito dall’art. 46, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, secondo cui “il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti”.
Già la lettera circolare del 15 marzo 2005 del Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per il Personale delle Pubbliche Amministrazioni, Servizio per il trattamento del personale aveva comunque specificato che ove le pubbliche amministrazioni si fossero trovate “in circostanze eccezionali, e pertanto temporanee, cui non si possa far fronte con le risorse in dotazione si ricorrerà ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa. In tal caso rileva la competenza necessaria a svolgere l’attività richiesta in autonomia, seppure in coordinamento con i fini dell’amministrazione committente. Infatti sul punto la giurisprudenza della Corte dei Conti ha affermato l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi”.
In sostanza, il ricorso alle collaborazioni in questione può sì ammettersi “in circostanze eccezionali, e pertanto temporanee, cui non si possa far fronte con le risorse in dotazione” per lo svolgimento di compiti che non richiedano prestazioni ad elevato contenuto professionale (che sono invece tipiche degli incarichi di consulenza), ma il collaboratore non può prestare la propria opera in posizione subordinata, dovendo essere la sua prestazione caratterizzata da un certo grado di autonomia.
Alla luce del quadro normativo riportato, non può che affermarsi la palese illegittimità delle convenzioni in discorso.
In disparte il fatto che non vi è negli atti alcun riferimento a “progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente”, all’impossibilità di utilizzare il personale dell’ente (cioè del Comune di Cagliari) e all’eccezionalità e temporaneità delle esigenze sottese (difficilmente ravvisabili, considerato che i rapporti sono stati costantemente rinnovati per un periodo di tempo complessivamente assai lungo, in taluni casi ultradecennale), il personale in questione, come evidenziato anche nel parere legale acquisito dal Comune di Cagliari, non solo non era in possesso di alcuna specializzazione, ma neppure questa avrebbe potuto essergli richiesta, data la semplicità delle mansioni da svolgere (nel caso degli addetti alla custodia, addirittura elementari). Talché non vi possono essere dubbi che i lavoratori in questione siano stati adibiti a svolgere funzioni tutt’affatto ordinarie e, con ogni verosimiglianza, in posizione di subordinazione (data la non ipotizzabilità di un sia pur minimo ambito di autonomia nelle prestazioni lavorative, considerata la loro estrema semplicità, circostanza confermata dalla lettura delle varie convenzioni, nelle quali non vi è alcun riferimento che possa essere interpretato in tal senso), in contrasto macroscopico quindi con la normativa citata.
L’illegittimità delle convenzioni non verrebbe meno, peraltro, nemmeno se si ritenesse che, a dispetto del nomen juris utilizzato, fosse volontà delle parti porre in essere rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Innanzi tutto, va detto che è sempre preciso dovere delle pubbliche amministrazioni adottare procedure di reclutamento del personale conformi al dettato dell’art. 35 del d. l.vo n. 165/2001, essendo del tutto escluso che possa procedersi ad assunzioni, a prescindere dalla tipologia del rapporto che si va a costituire (a tempo determinato o indeterminato), sulla base di una scelta del lavoratore operata discrezionalmente da chi agisce per conto dell’amministrazione.
A prescindere da tale, pur essenziale, rilievo, va detto che le forme di lavoro flessibile di cui le pubbliche amministrazioni possono avvalersi sono disciplinate dall’art. 36 del cit. d. l.vo n. 165/2001.
In disparte l’originaria e più ampiamente permissiva versione della norma, precedente alle modifiche introdotte con decreto-legge n. 4/2006, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 80/2006, la possibilità di fare ricorso a tali tipologie contrattuali è stata, nel corso del tempo, variamente limitata, prevalendo talora l’esigenza di assicurare maggiori margini di operatività alle amministrazioni, talora (e più frequentemente, soprattutto in epoca recente) quella di porre un freno (come ricordato in citazione, v. pag. 64-65, dove è riportato un ampio stralcio di una circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del 2008) ad un uso non oculato di tale forma di reclutamento del personale da parte delle pubbliche amministrazioni.
Con la legge n. 244/2007 è stata intanto stabilita (o meglio, ristabilita) la regola generale, secondo cui la forma ordinaria di assunzione del personale della P.A. è il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (la stessa legge ha aggiunto un comma all’art. 1 del d. L.vo 06/09/2001, n. 368, recante “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES”, con cui è stato stabilito che “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato”).
Già in precedenza, peraltro, il già cit. D.L. n. 4/2006, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 80/2006, aveva limitato la possibilità per le PP.AA. di ricorrere a forme contrattuali flessibili, precisando che tale possibilità fosse percorribile “solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l’opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi” (v. comma 1-bis aggiunto all’art. 36 d. l.vo 165/2001 cit.).
Anche le successive modifiche dell’art. 36 cit. non hanno introdotto sostanziali modifiche sul punto (è sempre stato ribadito, pur con formulazioni talvolta diverse, il principio che il ricorso alle forme contrattuali di lavoro flessibile da parte delle PP.AA. è ammesso solo per esigenze temporanee ed eccezionali).
Parimenti disattese risultano essere state le disposizioni che non consentono il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato nei confronti dei medesimi lavoratori oltre un periodo massimo complessivo (v. art. 4 d. l.vo n. 368/2001).
Deriva da quanto detto che, anche in questo caso, le convenzioni con le cinque unità di personale debbano ritenersi stipulate in palese violazione di legge, essendosi proceduto alla scelta dei lavoratori senza alcun previo esperimento delle procedure di reclutamento, a fronte di esigenze non temporanee ed eccezionali, ma, al contrario, del tutto ordinarie, e per un periodo di tempo eccedente quello massimo consentito.
7. Tanto premesso, si può ora passare ad esaminare se dalle convenzioni illegittimamente stipulate sia derivato al Comune di Cagliari un danno e se lo stesso sia da addebitare a condotte dolose o gravemente colpose dei convenuti.
Per quanto riguarda il rapporto instaurato con il MANCA, è innegabile che la diminuzione patrimoniale corrispondente ai compensi erogati all’ex dirigente comunale costituisca danno ingiusto.
La spesa è stata la conseguenza di una convenzione stipulata, come visto, in palese violazione non solo di specifiche disposizioni normative, ma anche del principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le PP.AA. debbono fare fronte ai propri compiti utilizzando il personale in dotazione e possono fare ricorso a soggetti esterni solo nei casi previsti dalla legge, ove sussistano i presupposti indicati nella normativa.
A tale proposito, non è dato rinvenire alcuna convincente giustificazione della scelta operata, ove si ponga mente alle seguenti circostanze: a) omessa indicazione, nella convenzione (v. fgl. 21-22 P.P.A.), della impossibilità di conferire l’incarico a un dirigente del Comune; b) assenza di formali richieste rivolte all’amministrazione comunale di fornire nominativi di dirigenti tra i quali provvedere alla nomina, in ottemperanza al disposto dell’art. 18 del regolamento; c) sicura esistenza, nell’organico di un’amministrazione delle dimensioni del Comune di Cagliari, di unità di personale dirigenziale tra le quali procedere alla nomina in questione, tanto più dovendosi reputare inverosimile un’eventuale impossibilità di procedere in tal senso per tutto il lungo arco di tempo (dal 2002 al 2011) durante il quale si è protratto l’incarico illegittimo.
Secondo Corte dei conti, Sezione 3^ centrale d’appello, n. 339 del 04/05/2012, l’impossibilità di fare ricorso al personale interno deve essere dimostrata nello stesso atto con il quale si dispone il conferimento dell’incarico al soggetto esterno. In senso conforme Sezione 2^ centrale d’appello, n. 174 del 23/03/2012 (che riporta sul punto, condividendole, le affermazioni fatte dalla sentenza appellata), secondo cui “in presenza di un provvedimento di conferimento di un incarico a terzi (di studio, ricerca o consulenza) che non dà adeguata indicazione della <reale ricognizione> delle professionalità presenti nell’Ente, per accertare che non ve ne sia alcuna corrispondente a quella per la quale l’incarico stesso è stato conferito, il Giudice della responsabilità erariale è tenuto ad interpretare una siffatta lacuna motivazionale non già come <vizio dell’atto>, ma come carenza del fatto ricognitivo in sé, ossia come carenza dell’accertamento negativo dell’assenza di professionalità interna all’Ente”.
La Sezione non condivide altro orientamento giurisprudenziale (v. Sezione 3^ centrale d’appello, n. 442 del 12/05/2011) secondo cui graverebbe invece sul Procuratore regionale l’onere di provare l’impossibilità di fare ricorso al personale interno, fornendo dimostrazione non solo dell’esistenza, nell’organico dell’ente, di figure professionali astrattamente idonee a svolgere i compiti affidati all’esterno, ma anche, attraverso la ricognizione dei carichi di lavoro del personale dell’ente, della concreta possibilità dello stesso di fare fronte a detti compiti, in quanto si finirebbe così per gravare la parte attrice di un onere obiettivamente eccessivo. Appare invece più logico ritenere che debba essere il funzionario pubblico, nell’atto stesso con cui procede al conferimento dell’incarico al terzo, a dimostrare l’esistenza del presupposto in questione, non solo perché così dispone la legge, ma anche perché nessuno è in condizione migliore per effettuare detto accertamento, alla luce della concreta situazione di fatto in quel momento verificabile.
Va da sé che il vuoto motivazionale dell’atto di incarico non comporta una presunzione assoluta in danno del convenuto. Cionondimeno, deve ritenersi che debba essere costui a fornire nel processo quella dimostrazione che avrebbe dovuto dare a tempo debito (onere probatorio che, nel caso specifico, come si vedrà, le difese non hanno assolto).
Va quindi ritenuto accertato non solo che l’incarico in questione è stato conferito in violazione di legge, ma anche che non sussisteva impossibilità di affidamento dello stesso a un dirigente del Comune.
Ne consegue che alla spesa effettuata non possa corrispondere alcuna utilità, senza che sia necessario approfondire la fondatezza di quanto rilevato dal Pubblico Ministero in ordine alla inutilità, anche in concreto, della prestazione lavorativa del MANCA, desunta dal conferimento ad una società esterna di alcune attività inerenti alla contabilità della Scuola e dalle irregolarità riscontrate successivamente nella gestione della stessa, come descritte nelle relazioni del nuovo Presidente e della dirigente del Servizio Bilancio, Società partecipate e Controllo analogo del Comune (v. rispettivamente fgl. 95-97 e 1263-1269 P.P.A.). L’inutilità della prestazione deriva in radice dal fatto che la stessa non era necessaria, potendo e dovendo i compiti del responsabile della gestione amministrativa della Scuola essere svolti, senza oneri aggiuntivi, da un dirigente comunale.
Come anticipato, le difese non sono state in grado di fornire la prova che ciò non fosse possibile. Non ne costituisce dimostrazione il fatto che, successivamente alla scadenza del rapporto con il MANCA, sia stato incaricato un funzionario comunale privo della qualifica dirigenziale, posto che ciò nulla dice in relazione a quanto si sarebbe potuto o meno fare nel periodo precedente.
Per il resto, si è fatto riferimento all’inerzia dell’amministrazione comunale, che non avrebbe provveduto ad indicare alcun nominativo in sostituzione del MANCA, nel momento in cui questi venne collocato in quiescenza, e a sollecitazioni, provenienti da non identificati esponenti del Comune, indirizzate al MANCA affinché continuasse a ricoprire l’incarico anche successivamente al suo pensionamento, stante la difficoltà di reperire un altro dirigente in grado di sostituirlo, anche in ragione di presunte peculiarità che avrebbero caratterizzato l’incarico in questione.
Per quanto concerne l’inerzia del Comune, certamente censurabile, va però obiettato che essa non poteva costituire il viatico per una deroga alla normativa citata soprattutto per periodi così prolungati, potendosi ammettere una soluzione quale quella adottata, a tutto concedere, solo per il tempo strettamente necessario a consentire l’attività della Scuola, nelle more dell’indicazione del dirigente da parte del Comune, che il CDA della Scuola avrebbe avuto il preciso dovere di richiedere formalmente.
Quanto alle sollecitazioni rivolte al MANCA, non ne è stata data dimostrazione, ma, in ogni caso, deve ritenersi che un’eventuale impossibilità di indicare un dirigente del Comune avrebbe dovuto formare oggetto di una espressa attestazione da parte dei competenti organi comunali e non certo di comunicazioni verbali la cui rilevanza è, ovviamente, nulla. A questo riguardo, peraltro, va detto che l’incarico di responsabile della gestione amministrativa della Scuola prevedeva lo svolgimento di attività, come sommariamente descritte nell’art. 18 del regolamento istitutivo, tutt’affatto ordinarie per un dirigente della pubblica amministrazione, talché non è dato comprendere per quali ragioni esso non potesse essere ricoperto da un dirigente comunale (come invece sostenuto dalla difesa del MANCA, secondo cui l’incarico in questione avrebbe avuto caratteristiche peculiari, tali da richiedere una formazione professionale e culturale specifica).
In definitiva, il danno va ritenuto sussistente nella sua integralità, non potendosi dare luogo neppure ad una valutazione di utilità compensativa in relazione ad un’attività lavorativa di cui l’amministrazione non aveva alcuna necessità.
Di tale danno debbono rispondere entrambi i convenuti che hanno stipulato la convenzione di incarico, ovverosia il Presidente PORCELLI e lo stesso MANCA.
Secondo il Procuratore regionale, nella condotta dei convenuti sarebbe ravvisabile il dolo, considerata la chiarezza dei dati normativi violati, la gravità della situazione amministrativa e contabile della Scuola e la conseguente cosciente consapevolezza e volontà che i convenuti avrebbero manifestato di persistere nella condotta illecita, che sarebbe stata intenzionalmente volta a procurare ingiusto vantaggio patrimoniale al MANCA, con la certa consapevolezza delle conseguenze dannose per le risorse finanziarie pubbliche.
Ad avviso della Sezione, tuttavia, non vi sono elementi per ritenere dimostrata, con sufficiente grado di probabilità, una siffatta connotazione della condotta, potendo la stessa essere viceversa intesa come frutto di errori, pur gravi, indotti da ignoranza della normativa e/o da superficiale interpretazione della stessa.
Quel che è certo, come appena detto, è che la violazione di norme di chiaro significato è indicativa quanto meno di colpa di elevata gravità, ove soprattutto si consideri che la materia degli incarichi a soggetti estranei all’apparato burocratico è notoriamente delicata ed è stata oggetto di ripetuti interventi del legislatore e di pronunce giudiziali che hanno finito per delineare in maniera compiuta l’ambito entro il quale tali incarichi sono legittimamente conferibili. Talché può a ben ragione ritenersi che sia richiesta ai pubblici funzionari particolare attenzione e diligenza che, nel caso di specie, sono difettate, mostrando la condotta dei convenuti, al contrario, disinvoltura e superficialità massime.
Peraltro, ad accrescere il giudizio sull’intensità della colpa concorre la circostanza che, nel caso specifico, il regolamento istitutivo della Scuola precisava in maniera inequivocabile, ove ve ne fosse pure stato bisogno, che l’incarico di responsabile della gestione amministrativa avrebbe dovuto essere svolto da un dirigente del Comune.
Il fatto che i convenuti non potessero realisticamente ignorare l’esistenza di tale disposizione connota di ulteriore inescusabilità la loro condotta, che potrebbe essere addirittura reputata dolosa, se non fosse che occorre considerare la possibilità che essi abbiano inteso, sia pure del tutto ingiustificatamente, alcune circostanze come tali da rendere praticabile la soluzione prescelta (ad esempio, interpretando l’inerzia, per non dire il vero e proprio disinteresse dell’amministrazione comunale per la gestione della Scuola, alla stregua di un implicito riconoscimento della impossibilità di indicare uno o più nominativi di dirigenti comunali tra i quali operare la nomina). Il che riconduce la condotta nell’ambito della colpa, pur se grave, per le ragioni già spiegate.
Certamente non può determinare esclusione o attenuazione di detta colpa la circostanza, addotta dalle difese, di una presunta approvazione che sarebbe stata data dall’amministrazione comunale, a questa come alle altre scelte dei convenuti censurate dal Procuratore regionale, desumibile dall’approvazione dei bilanci della Scuola, dall’esito positivo dei controlli effettuati dall’organo di revisione e, più in generale, dal mancato esercizio dei poteri di vigilanza in relazione a tutte le situazioni di cui si discute, che sarebbero state ben conosciute dal Comune di Cagliari.
Per quanto concerne l’approvazione dei bilanci, è notorio che essa non comporta alcuna valutazione sulla legittimità di singoli atti di gestione.
Il controllo esercitato dall’organo di revisione, per quanto consta dalla documentazione reperita, non si è mai appuntato, se non in epoca recente, sulle convenzioni di che trattasi, avendo il collegio dei revisori incentrato le proprie verifiche su aspetti più prettamente contabili, finanziari e fiscali.
E’ vero che il Comune non ha mai formulato, per quanto consta, osservazioni con riguardo alla gestione della Scuola e, in particolare, in ordine alle questioni di che trattasi. Certamente è anche verosimile che fosse noto, all’interno dell’amministrazione comunale, il fatto che il MANCA continuasse a svolgere le funzioni di responsabile della gestione amministrativa della Scuola anche dopo il suo pensionamento e che tale fatto potesse e dovesse indurre l’amministrazione comunale ad effettuare le necessarie verifiche sulla natura del rapporto intercorrente con l’ex dirigente e soprattutto, in primo luogo, come già detto, a dare corso all’indicazione di un proprio dirigente al fine di ricondurre la situazione in un ambito di legalità.
Ma ciò, se può rilevare, come si vedrà, al fine di ridurre l’addebito ai convenuti, non può invece implicare conseguenze sulla sussistenza e l’intensità della loro colpa. Il comportamento passivamente acquiescente dell’amministrazione vigilante non li autorizzava infatti a presumere che tale silenzio, di per sé privo di significato concludente (tanto più nel settore pubblico, nel quale è essenziale che la volontà della pubblica amministrazione sia espressa in maniera formale), equivalesse anzi a riconoscimento della legittimità di atti dei quali, viceversa, avrebbero potuto e dovuto comprendere autonomamente la palese illiceità, per le ragioni ampiamente esposte.
Un’ultima notazione va fatta in ordine alla circostanza, già rilevata nell’ordinanza istruttoria, che la convenzione in discorso sembrerebbe essere stata stipulata, come si evince dalle premesse dell’atto, in esecuzione di una precedente deliberazione del CDA. Di tale deliberazione, come è stato comunicato in risposta all’ordinanza istruttoria, non è stata rinvenuta copia negli atti del Comune.
Ad ogni modo, anche ammesso che tale deliberazione vi sia stata, essa non determinerebbe esclusione della responsabilità dei convenuti, non potendo certo una delibera siffatta costituire avallo per la stipulazione di una convenzione chiaramente contrastante con la normativa.
Ciò è indubitabile per quanto riguarda il MANCA, atteso che la sua provenienza dai ruoli dirigenziali della P.A. avrebbe dovuto comportare una conoscenza più approfondita della normativa in materia di incarichi (a tacere del fatto che, nel suo caso, non sarebbe neppure ipotizzabile l’ignoranza della sua condizione di pensionato).
Nel caso del PORCELLI, è inoltre da presumere che anch’egli abbia concorso all’approvazione della delibera del CDA, considerato il tenore delle difese svolte, con le quali, lungi dall’invocare un proprio dissenso o una mancata partecipazione alle decisioni contestate, ne ha invece sostenuto la piena legittimità. Talché, ove pure si volesse sostenere che l’addebito in questione vada rivolto (anche) alla decisione espressa dal CDA, il PORCELLI ne dovrebbe comunque rispondere per avervi concorso.
Quanto alla ignoranza che il convenuto potrebbe aver avuto del fatto che il MANCA fosse in quiescenza, la circostanza appare inverosimile ed è contraddetta dall’attribuzione all’ex dirigente di un compenso per lo svolgimento dell’incarico, che questi non avrebbe certo avuto titolo a percepire qualora fosse stato ancora in servizio.
8. Per quanto concerne l’incarico di vice direttore artistico conferito al BAGGIANI, la Sezione ritiene invece che la responsabilità dei convenuti citati dal Procuratore regionale vada esclusa per l’utilità della prestazione, compensativa del danno.
Va considerato, al riguardo, che la Scuola civica di musica, secondo quanto affermato dai convenuti e confermato dalla documentazione in atti, aveva conosciuto nel corso della sua esistenza un forte sviluppo, testimoniato dal considerevole aumento del numero degli studenti e degli appartenenti al corpo docente. A ciò si aggiunga che, oltre alle normali attività didattiche, la Scuola svolgeva anche iniziative collaterali rientranti nell’ambito delle funzioni assegnatele dal regolamento istitutivo (v. art. 4).
Come conseguenza, si era reso necessario articolare l’attività didattica in orario antimeridiano, pomeridiano e notturno (sino alle 23.00), mentre alcune delle iniziative extrascolastiche venivano svolte anche in giorni festivi e/o in orari notturni.
E’ pertanto del tutto verosimile, alla luce di tali circostanze di fatto, che il direttore artistico fosse effettivamente in difficoltà nell’affrontare da solo tutti compiti a lui assegnati (che, ai sensi dell’art. 18 del regolamento della Scuola, comprendevano l’intera gestione artistica dell’istituzione) e che fosse utile, se non addirittura necessario, affiancargli un vice direttore incaricato non solo di sostituirlo nei periodi di assenza precaria (come espressamente prevedeva l’art. 19 del regolamento), ma anche di coadiuvarlo nello svolgimento dell’attività quotidiana.
Tanto induce a ritenere che il rapporto convenzionale, pur illegittimamente instaurato, per le ragioni indicate dal Procuratore regionale, abbia però dato origine in questo caso ad una prestazione oggettivamente utile, in relazione al proficuo svolgimento delle funzioni istituzionalmente devolute alla Scuola, come tale suscettibile di valutazione ai sensi del già cit. art. 1, comma 1-bis della legge n. 20/1994, secondo cui nel giudizio di responsabilità amministrativa “deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”.
L’utilità di tale prestazione, che può equitativamente considerarsi pari al compenso riconosciuto di 300 euro lordi mensili, da ritenere contenuto in termini ragionevoli, non può in questo caso essere esclusa in base alle considerazioni svolte nella fattispecie precedentemente esaminata. Infatti, nel caso di specie la Scuola non avrebbe potuto fare ricorso al personale comunale, considerato che nell’organico dell’ente non erano sicuramente comprese figure professionali qualificate a svolgere funzioni di supplenza del direttore artistico, dovendo essere quest’ultimo in possesso di specifiche competenze nel campo artistico musicale.
Non può, quindi, essere condiviso l’assunto del Procuratore regionale, secondo cui l’incarico avrebbe determinato la duplicazione dell’organo di direzione artistica (da escludere, vista l’entità del compenso riconosciuto al vice direttore, marcatamente inferiore a quello del titolare), né può darsi rilevanza al fatto che “non furono mai rappresentate all’Amministrazione del Comune di Cagliari peculiari necessità di personale da adibire a compiti di direzione dell’Istituzione”.
Da quanto detto deriva l’assoluzione del convenuto PUDDU, essendo questi stato chiamato dal Procuratore regionale a rispondere unicamente di tale quota di danno.
9. Con riguardo, infine, alla spesa sostenuta per i compensi erogati al personale assunto con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il danno erariale va ritenuto sussistente per considerazioni analoghe a quelle svolte relativamente all’incarico di responsabile della gestione amministrativa conferito al MANCA.
Anche in questo caso, la diminuzione patrimoniale sofferta dall’erario comunale non può essere considerata foriera di utilità per l’amministrazione (salvo quanto si dirà appresso), poiché gli incarichi in questione hanno riguardato lo svolgimento di mansioni che avrebbero potuto e dovuto essere assolte da personale del Comune, da individuare su iniziativa dei convenuti, i quali avrebbero avuto il dovere di attivarsi in proposito, indicando all’amministrazione comunale le unità di personale da adibire alle attività di supporto (segreteria e guardiania) necessarie per consentire il proficuo svolgimento dell’attività scolastica. Solo dopo aver eventualmente ricevuto un espresso diniego da parte del Comune, i convenuti avrebbero potuto valutare l’opportunità di ricercare altre soluzioni, pur nel rispetto della normativa sopra richiamata.
Come appurato dal Procuratore regionale, all’amministrazione comunale non venne invece mai rappresentata alcuna necessità al riguardo né da parte del CDA della Scuola, né da parte del MANCA nella sua qualità di responsabile della gestione amministrativa. L’impossibilità di utilizzare personale dei ruoli comunali è del resto verosimilmente da escludere in ragione della sicura presenza, nell’ambito di un’amministrazione delle dimensioni del Comune di Cagliari, di unità lavorative in possesso delle qualifiche corrispondenti a quelle oggetto degli incarichi contestati. La circostanza poi che questi ultimi siano stati conferiti per lunghi periodi di tempo rende ancor più improbabile che si sia verificata un’impossibilità di utilizzo di personale dell’ente, anche considerando il ridotto numero di unità lavorative che avrebbero dovuto essere impiegate.
D’altra parte, come si è già detto, richiamando la giurisprudenza di questa Corte sul punto, sarebbe stato onere dei convenuti dare dimostrazione, in occasione di ogni singolo conferimento di incarico, della sussistenza in concreto di ragioni ostative all’utilizzo del personale comunale, che rendesse inevitabile il ricorso al personale esterno.
Le difese obiettano che non sarebbe stato possibile né opportuno procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, per le particolari caratteristiche dell’attività svolta dalla Scuola, condizionata anno per anno da fattori mutevoli come i finanziamenti regionali e il numero degli iscritti.
L’argomento è però frutto di un evidente fraintendimento dell’addebito mosso dal Procuratore regionale, il quale non ha affatto sostenuto che l’alternativa ai rapporti convenzionali posti in essere fosse quella di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato delle stesse unità di personale, dovendosi intendere il richiamo alla normativa indicata in citazione come volto a dare dimostrazione delle numerose violazioni di essa commesse dai convenuti.
Al contrario, l’assunto del Pubblico Ministero (v. pag. 68 della citazione) è che ai compiti affidati ai collaboratori esterni si potesse e dovesse fare fronte con le risorse umane e professionali presenti all’interno del Comune, senza inutili costi per l’erario. Gli elementi a disposizione inducono a ritenere che l’alternativa indicata dall’attore fosse non solo legittima, ma anche praticabile, per le ragioni dette.
Per quanto concerne la misura del danno risarcibile, la Sezione ritiene che vada considerata la parziale utilità delle prestazioni del personale addetto a compiti di guardiania, in relazione al fatto che lo stesso (v. nota del dott. FLORIS del 17/12/2012, fgl. 1432 P.P.A.) ha assicurato la propria presenza anche durante gli orari pomeridiani e notturni, circostanza questa che avrebbe determinato comunque (cioè anche ove fosse stato fatto ricorso a personale del Comune) oneri aggiuntivi a carico dell’ente per le indennità dovute a fronte dell’attività lavorativa svolta in tali orari. Nell’impossibilità di un calcolo preciso di tale utilità, la stessa può essere equitativamente commisurata nel 10% dei compensi erogati a detto personale (euro 85.585,48), pari quindi a euro 8.558,55. La partita di danno in questione va quindi ridotta da euro 191.822,70 ad euro 183.264,15.
Stabilita la sussistenza e la misura del danno in questione, va ora esaminato se esso vada posto in relazione con le condotte dei convenuti.
A questo riguardo, il Procuratore regionale, sulla base della documentazione acquisita nel corso delle indagini, ha individuato la responsabilità, anche in questo caso dolosa, dei componenti del CDA e del MANCA per avere i primi tre deliberato, nel corso della seduta del 22 gennaio 2011, il rinnovo dei rapporti lavorativi in questione, il quarto per aver stipulato le relative convenzioni. Il danno per i compensi erogati prima del 2011, in assenza di documentazione attinente alla instaurazione dei rapporti con i lavoratori, è stato invece imputato ai medesimi convenuti per aver autorizzato e voluto tali rapporti.
Con riferimento al periodo ante 2011,  gli atti acquisiti con l’istruttoria hanno confermato il diretto coinvolgimento del MANCA (che ha sottoscritto tutte le convenzioni in rappresentanza della Scuola) e, in misura più limitata, del PORCELLI, il quale, in taluni casi ha comunicato ai vari collaboratori la proroga dei loro incarichi (v. allegato M alla nota del Direttore generale del Comune di Cagliari del 18/09/2014) e in altri casi ha cofirmato le convenzioni sottoscritte dal MANCA (v. allegati I, L, N, O alla medesima nota).
Va comunque detto che tutti i convenuti costituiti non hanno negato di aver effettivamente voluto, come a loro imputato dall’attore, l’assunzione dei lavoratori, avendo al contrario sostenuto la propria mancanza di responsabilità appunto in ragione della piena liceità dei rapporti instaurati (oltre che per la mancanza di un danno risarcibile o per la scusabilità degli eventuali errori commessi). Tanto comporta, in ragione del principio di non contestazione (art. 115, comma 1 c.p.c., come applicabile nel processo contabile ai sensi dell’art. 26 r.d. n. 1038/1933) che i fatti posti dal Procuratore regionale a fondamento della responsabilità dei convenuti siano da considerare accertati, salvo che nei confronti del RAVASIO, rimasto contumace, poiché il principio suddetto trova applicazione solo nei confronti delle parti costituite.
Poiché nel caso di detto convenuto nemmeno l’istruttoria esperita dalla Sezione ha consentito di acquisire elementi di giudizio in ordine alla sua posizione, va accolta la richiesta di assoluzione formulata dal Pubblico Ministero in dibattimento.
Infatti, per quanto concerne la partecipazione del RAVASIO alla riunione del CDA del 22 gennaio 2011, nel corso della quale è stata assunta la decisione del rinnovo dei rapporti di collaborazione contestati, la consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero penale (v. relazione a firma della dottoressa Alessandra PIREDDA del 10 maggio 2014, acquisita con l’ordinanza istruttoria) ha motivatamente concluso nel senso della falsità delle firme dell’interessato apposte sul verbale della suddetta riunione.
Poiché la partecipazione alla decisione del CDA è stata desunta proprio dal verbale in questione, viene perciò a mancare la prova del concorso del RAVASIO.
In relazione invece al danno relativo al periodo precedente, non risulta possibile stabilire se il RAVASIO abbia mai espresso il suo assenso all’instaurazione dei rapporti di collaborazione di che trattasi. Infatti, per quanto gli atti trasmessi in esecuzione dell’ordinanza (convenzioni e lettere di proroga), con i quali sono stati stipulati i rapporti in questione, facciano tutti riferimento a pregresse delibere del CDA, queste ultime non sono state reperite. Talché, come asserito dal Pubblico Ministero in udienza, non si è in grado di stabilire quale sia stata la partecipazione del convenuto alle decisioni in questione.
E’ certamente verosimile che il RAVASIO fosse a conoscenza dell’esistenza dei rapporti di collaborazione di cui si discute, ma tale consapevolezza non è sufficiente a determinare una sua corresponsabilità, poiché il Procuratore regionale non ha addebitato ai convenuti un mero comportamento omissivo, bensì di aver, come detto, autorizzato e voluto l’instaurazione dei rapporti in questione, nonostante la loro palese illiceità.
Per quanto detto, la spesa contestata va quindi posta in relazione causale con la condotta dei convenuti MANCA, PORCELLI e BAGGIANI.
Per quanto concerne l’elemento psicologico, anche in questo caso il Procuratore regionale imputa ai convenuti una condotta dolosa.
Al riguardo, il Pubblico Ministero ha sottolineato la chiarezza dei dati normativi in materia e la precisa finalità delle disposizioni normative richiamate (contrasto del precariato e dei tentativi di illecita stabilizzazione nel pubblico impiego, contenimento delle spese in materia di impiego pubblico).
Ne ha perciò desunto la consapevolezza dei convenuti di svolgere condotta contra legem e contro le regole di organizzazione interna dell’Istituzione, accompagnata dall’accettazione del pregiudizio arrecato alle risorse finanziarie pubbliche (v. pagg. 69-70 della citazione).
Le scelte operate, pur ampiamente difformi dalle disposizioni normative richiamate dall’attore, non debbono però essere necessariamente lette come manifestazione di un intento illecito volto a provocare danno all’erario o, comunque, ad accettarne l’eventualità, potendo anche in questo caso essere la conseguenza di ignoranza della normativa o di valutazioni erronee in ordine all’accertamento dei presupposti per il ricorso a prestazioni lavorative esterne, operato senza mostrare la benché minima consapevolezza dei limiti stringenti posti dalla normativa e dei consolidati orientamenti della giurisprudenza contabile, di cui è indice sintomatico il fatto che in tutte le convenzioni non vi sia traccia alcuna di affermazioni circa la previa verificata necessità di ricorrere alle collaborazioni in questione.
Non vi sono quindi dubbi sulla sussistenza della colpa grave, considerate l’ampiezza e la gravità delle violazioni alla normativa imputabili ai convenuti, anche in questo caso significative di elevata negligenza, tanto più riprovevole se si considera la rilevanza delle disposizioni disattese (tutte attinenti alla materia delle assunzioni di personale e del conferimento di incarichi a soggetti esterni all’apparato burocratico) la quale, come osservato dal Procuratore regionale, non avrebbe dovuto sfuggire a un amministratore pubblico, anche se non dotato di specifica preparazione professionale.
Le difese dei convenuti replicano che la complessità della normativa, che renderebbe scusabili anche eventuali errori da essi commessi nella sua applicazione, sarebbe dimostrata dal fatto che la stessa amministrazione comunale, pur dotata di personale professionalmente qualificato e nella condizione di ricevere l’assistenza di un ufficio legale interno, ha ritenuto di dover fare ricorso al parere di un legale esterno al fine di valutare la liceità dei rapporti instaurati.
Va però considerato che la situazione che l’amministrazione comunale ha dovuto fronteggiare era obiettivamente non semplice, perché si trattava di stabilire le iniziative da assumere a fronte di contratti già stipulati, tenuto conto dei possibili effetti giuridici determinati dalla lunga durata dei rapporti che ne erano conseguiti.
Va soggiunto che risulta contraddittorio che i convenuti adducano ora a scusante per i loro eventuali errori una presunta complessità della normativa di cui non appare abbiano mai avuto in precedenza alcuna consapevolezza. Perché il fatto che le convenzioni con i collaboratori esterni siano state ripetutamente rinnovate senza che risulti mai affrontata, neppure in termini sommari, la questione della loro liceità è semmai in antitesi con tale assunto, apparendo come manifestazione di una placida, quanto mal fondata, convinzione di agire nella piena legalità (se non si aderisce alla tesi del Pubblico Ministero, secondo cui vi sarebbe stata addirittura consapevolezza del contrario). Se viceversa i convenuti avessero davvero avuto dubbi indotti da tale asserita complessità, sarebbe stato logico che richiedessero al Comune di dare loro pareri o indirizzi precisi al riguardo, cosa che non risulta dagli atti e che i convenuti nemmeno allegano di aver fatto, avendo essi affermato di aver confidato sulla tacita approvazione dell’amministrazione comunale (argomento di cui si è già detto e su cui non occorre ripetersi).
La difesa del MANCA ha rilevato che il convenuto non ha concorso alle decisioni assunte nel CDA, in quanto il regolamento non prevedeva la sua partecipazione alle sedute dell’organo amministrativo, ai cui deliberati, si sostiene, egli si sarebbe limitato a dare doverosa esecuzione. Ma la evidente illiceità delle convenzioni, ravvisabile, come si è detto, sotto diversi profili avrebbe imposto al convenuto di non procedere alla stipula dei contratti e, anzi, di rappresentare al CDA le ragioni per le quali non fosse consentito il ricorso alle collaborazioni in questione.
10. Prima di procedere alla ripartizione del danno tra i convenuti riconosciuti colpevoli, deve esaminarsi la possibilità di fare uso del potere di riduzione dell’addebito, previsto dall’art. 52 del r.d. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti).
A tal fine, va considerato il peso innegabile che ha avuto nella vicenda la mancanza - imputabile all’Amministrazione comunale considerata nel suo complesso, non essendo individuabili corresponsabilità di specifici soggetti - di tutte le iniziative che avrebbero evitato la causazione dei danni di che trattasi, prima fra tutte la vigilanza sull’istituzione, come sarebbe stato doveroso fare in ottemperanza ad un preciso obbligo di legge.
Non ci sono dubbi sul fatto che il contesto nel quale i convenuti hanno agito ha sicuramente alimentato e rafforzato il già basso livello di attenzione ai vincoli normativi che ha contraddistinto il loro operato, concorrendo a far percepire come normali e leciti comportamenti ed atti che avrebbero richiesto ben altra considerazione.
Vi sono quindi fondate ragioni per ridurre la condanna dei convenuti in misura che il collegio reputa equitativamente di stabilire nel 40% del danno accertato.
11. Per quanto concerne il riparto tra i convenuti, la Sezione ritiene che vada riconosciuto un ruolo maggiore nella produzione del danno al MANCA, in ragione del fatto che lo stesso, ancor più degli altri compartecipi, avrebbe dovuto essere a conoscenza dei vincoli posti dalla normativa in ragione della sua specifica qualificazione professionale, circostanza questa che rende più riprovevole la sua condotta negligente.
Per quanto concerne specificamente il danno derivato dalla spesa per le collaborazioni esterne, va ritenuto altresì maggiore il concorso del PORCELLI rispetto a quello del BAGGIANI, avendo il primo anche partecipato alla stipula di alcune convenzioni.
Per l’effetto:
a) la prima posta di danno di euro 14.571,41, pari al 60% di euro 24.285,68, va addebitata per il 55% al MANCA (euro 8.014,28) e per il 45% al PORCELLI (euro 6.557,13);
b) la terza posta di danno di euro 109.958,49, pari al 60% di euro 183.264,15, va addebitata per il 45% al MANCA (euro 49.481,32), per il 35% al PORCELLI (euro 38.485,47) e per il residuo 20% al BAGGIANI (euro 21.991,70).
Sulla somma per cui è condanna dovranno essere corrisposti la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, da calcolare con decorrenza dalla data di ciascun singolo pagamento (detratte le percentuali escluse dall’addebito) e sino alla data della presente sentenza, e gli interessi legali sulla somma rivalutata, a decorrere dalla data della sentenza e sino al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste in solido a carico dei condannati.
Non è luogo a provvedere sulle spese nei confronti dei convenuti assolti, condividendo questa Sezione (v. ex multis sentenza n. 146 del 18/2/2011) l’orientamento della giurisprudenza della Corte di cassazione, da ultimo ribadito con sentenza 17 marzo 2015, n. 5264, secondo cui il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa compete unicamente a coloro che si trovino in rapporto di lavoro dipendente con l’amministrazione pubblica. Nel caso del RAVASIO, va peraltro soggiunto che non vi sarebbero comunque spese da liquidare, atteso che lo stesso è rimasto contumace nel processo.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, condanna Maurizio PORCELLI, Giorgio BAGGIANI e Sergio MANCA al pagamento, in favore del Comune di Cagliari, delle somme per ciascuno appresso indicate (oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali, da calcolarsi secondo le modalità indicate in parte motiva):
- Maurizio PORCELLI euro 45.042,60 (diconsi euro quarantacinquemilaquarantadue e sessanta centesimi);
- Giorgio BAGGIANI euro 21.991,70 (diconsi euro ventunomilanovecentonovantuno e settanta centesimi);
- Sergio MANCA euro 57.495,60 (diconsi euro cinquantasettemilaquattrocentonovantacinque e sessanta centesimi).
Condanna Maurizio PORCELLI, Giorgio BAGGIANI e Sergio MANCA al pagamento, in favore dello Stato e in solido tra loro, delle spese di giudizio, che sino alla presente sentenza si liquidano in euro 3476,79 ( diconsi euro tremilaquattrocentosettantasei/79).
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Assolve Marco RAVASIO e Luigi PUDDU dalla domanda attrice.
Nulla per le spese nei confronti dei convenuti assolti.
Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio del 12 marzo 2015.
     L’ESTENSORE                                 IL PRESIDENTE
f.to Antonio Marco CANU                 f.to Cristina ASTRALDI

Depositata in Segreteria il 13 maggio 2015.
                                                                           Il Dirigente
                                                                       f.to Paolo Carrus

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